Una piattaforma di realtà aumentata che permette di visualizzare immagini cliniche in tre dimensioni, senza l’uso di visori o strumenti aggiuntivi. Questa la nuova tecnologia sperimentata in Abruzzo, sviluppata con il supporto del dott. Riccardo Urbani, referente tecnico per l’innovazione e la digitalizzazione della Regione, apre scenari interessanti per la chirurgia avanzata, la diagnostica e la formazione dei futuri medici.
Più sicurezza subito, medicina personalizzata in futuro
«Questo progetto è nato circa un anno e mezzo fa ed è frutto di un lavoro innovativo basato su una piattaforma di realtà aumentata che rappresenta un vero salto di qualità per la chirurgia e la diagnostica» spiega Urbani. «Nel breve periodo, consente al chirurgo di visualizzare immagini e dati clinici direttamente in sala operatoria, senza distogliere lo sguardo dal paziente. Ciò significa maggiore precisione e sicurezza durante l’intervento. Sul lungo termine, l’impatto sarà ancora più significativo: si andrà verso interventi sempre più mininvasivi, operazioni a distanza come già alcune realtà stanno iniziando a fare e una medicina personalizzata, basata su dati e simulazioni avanzate».
Un altro vantaggio a lungo periodo riguarda l’ambito della formazione. «Questa tecnologia – prosegue il referente per la digitalizzazione – diventa uno strumento straordinario per la preparazione dei futuri medici e chirurghi, grazie a simulazioni realistiche in 3D e a percorsi didattici complessi, che permettono di esercitarsi su scenari clinici difficili in totale sicurezza. In questo modo, non solo si migliora l’assistenza ai cittadini, ma si costruiscono anche competenze solide per le nuove generazioni. È questo, in sostanza, il cuore del progetto. A livello tecnico, siamo i primi al mondo ad aver introdotto in una struttura sanitaria pubblica uno strumento di realtà aumentata immersiva in 3D».
Come funziona la tecnologia
«Il processo parte dalle immagini diagnostiche in 2D, che vengono elaborate e segmentate» spiega Urbani. «Si tratta di una fase molto complessa, soprattutto per i tessuti molli. Il risultato è che il medico o il chirurgo può osservare il corpo del paziente in una ricostruzione 3D realistica e in tempo reale. La vera novità, a livello mondiale, è che questa immagine è visibile a occhio nudo, senza l’utilizzo di visori, grazie a un piccolo hardware collegabile anche a un normale computer portatile tramite porta USB. Questo dispositivo proietta un ologramma sospeso nello spazio. Per interagire con l’immagine non si usa un mouse tradizionale, ma una sorta di penna con cui è possibile “navigare” nell’organo, segmentarlo e analizzarlo da diverse angolazioni, come se si utilizzasse una telecamera virtuale».
«Così, i medici specialisti ottengono una visibilità molto superiore rispetto a una radiografia tradizionale, mentre i chirurghi possono preparare il campo operatorio prima dell’intervento, studiando con precisione il punto di accesso e l’organizzazione degli strumenti. Stiamo inoltre finalizzando un accordo strategico con un’importante azienda di robotica. I nostri chirurghi ci hanno chiesto di estendere questa tecnologia non solo alla fase pre-operatoria, ma anche durante l’intervento in tempo reale. Questo, per noi, rappresenta davvero l’apice: riuscire a chiudere il cerchio e mettere a disposizione uno strumento che supporti il medico sia prima che durante l’operazione».
Regia unica e adeguata formazione
Secondo Urbani «per fare in modo che queste soluzioni diventino strutturali servono due elementi chiave: una governance unitaria e regole chiare. È fondamentale una cabina di regia, sia a livello nazionale che regionale, capace di coinvolgere dipartimenti, ospedali e medici di base. Solo così si evitano frammentazioni. Perché l’innovazione funzioni davvero, occorre affiancare un quadro normativo che garantisca unità, standard comuni, sicurezza e protezione dei dati. Senza interoperabilità, infatti, non si riesce a chiudere il cerchio».
«Accanto a questo, servono investimenti continuativi e formazione del personale» conclude. «Solo in questo modo le tecnologie non resteranno progetti pilota, ma entreranno stabilmente nei processi istituzionali, assicurandone continuità e sostenibilità nel tempo. Diversamente, non si andrà da nessuna parte. Ci tenevo molto a sottolinearlo».