A cosa serve la nuova piattaforma nazionale di telemedicina?

La piattaforma raccoglierà, gestirà e renderà fruibili in sicurezza i dati sanitari dei pazienti, ma è solo l’inizio della telemedicina
La piattaforma raccoglierà, gestirà e renderà fruibili in sicurezza i dati sanitari dei pazienti, ma è solo l’inizio della telemedicina

Le aspettative nei confronti della nuova piattaforma di telemedicina sono altissime. Infatti, Antonio Vittorino Gaddi, Presidente della Società Italiana di Telemedicina (SIT), accoglie con favore l’avvento della piattaforma nazionale di telemedicina: «la creazione di una piattaforma digitale è una conditio sine qua non. Altrimenti la telemedicina dove la si fa?» Al tempo stesso, tuttavia, non manca di sottolineare come questo sia solamente il primo passo di un lungo cammino per l’avvento della telemedicina in Italia, che «necessita di due prerequisiti fondamentali».

Qual è l’utilità della nuova piattaforma nazionale di telemedicina?

«L’utilità è totale: non si può pensare di fare telemedicina senza avere dei grossi flussi di dati. La telemedicina non consiste tanto nell’avere a disposizione un device, un’app o un software, quanto, ed è la parte sostanziale, nell’avere a disposizione i dati e le informazioni del paziente».

«La telemedicina è un atto medico, che vede l’origine di diagnosi, prognosi, terapie riabilitative e pratiche di prevenzione nella raccolta e nella successiva valutazione di queste informazioni. Per disporre in sicurezza di queste informazioni e metterle in circolo si necessita di due prerequisiti fondamentali. La prima in Italia non siamo ancora riusciti a realizzarla: sto parlando del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), il posto dove ci sono tutte le informazioni cliniche di tutti i cittadini».

Com’è messo il nostro paese con l’implementazione del FSE?

«Un vecchio Ministro della Salute disse che avevamo milioni di italiani già censiti, ma mentiva sapendo di mentire. La percentuale cambia da Regione a Regione, ma in totale non abbiamo un FSE di nemmeno un italiano su 20. Di questi pochi, inoltre, le informazioni che abbiamo sono poche, riguardanti principalmente la prescrizione dei farmaci, le vaccinazioni e un po’ di referti delle analisi. Mancano invece tutte le altre informazioni sanitarie».

E il secondo presupposto della telemedicina qual è?

«Le informazioni di cui le ho parlato prima devono essere raccolte, smistate, distribuite e utilizzate attraverso piattaforme apposite. Non è facile fare una piattaforma nazionale unica, perché dovresti disporre di una potenza di calcolo enorme: non si tratterebbe di gestire qualche megabyte, ma migliaia di petabyte. Ricordo che il Cern, che ha la rete di calcolo più potente in assoluto, un po’ di anni fa si vantava di avere qualche petabyte di disco rigido. Ebbene, oggi questa unità di misura già non basta più a nessuno. Oggi siamo saliti al di sopra dei petabyte, anche perché dobbiamo immaginare che nel campo sanitario le informazioni che abbiamo sono tantissime per milioni di persone. Non dobbiamo però flagellarci più del necessario, perché questo processo evolutivo non riguarda l’Italia ma anche l’Europa e il mondo».

«Il progetto italiano è creare una piattaforma centrale che convalidi e autorizzi le singole piattaforme locali regionali, ognuna con un proprio modello teorico. Alcune Regioni hanno o intendono fare piattaforme diverse tra di loro, mentre altre non sono d’accordo con questo tipo di modello che è fondato su un perno centrale. Un indirizzo unico lo Stato lo deve dare perché bisogna far tendere tutti verso certi standard sia qualitativi sulla qualità del dato che tecnici, infrastrutturali, di sicurezza dei dati e stabilità del sistema. Che ci sia un modello unico di piattaforma è una cosa utilissima; tuttavia, che questa possa rispondere a tutte le esigenze di tutte le tipologie di pazienti in tutte le Regioni e Asl è difficile».

A che punto siamo con la realizzazione della piattaforma nazionale di telemedicina?

«Al momento questo sistema così complesso non c’è, ma lo stiamo costruendo. Quello che possiamo fare oggi (per casi specifici come una certa malattia o certi tipi di pazienti in una data Regione) è usare piattaforme più piccole di quella di cui abbiamo parlato in precedenza. Ovvero inizialmente usare un sistema che di fatto alla fine è locale per poi, a mano a mano, sviluppare un vero sistema di telemedicina, che è universale e globalizzata per definizione. Per capirci: se da Roma devo mandare un’e-mail in Alaska o a Casalecchio di Reno non c’è differenza, però, in attesa di un sistema di quel tipo, possiamo usare una rete di tipo locale. In ogni caso, indipendentemente dal modello che si intende utilizzare, la creazione di una piattaforma digitale è una conditio sine qua non. Altrimenti la telemedicina dove la si fa? Non è qualcosa che si può fare su WhatsApp».

«A tal proposito, evidenzio che colossi digitali come Apple, Google, Microsoft, Alibaba in Cina stanno investendo anche su questo. Potrebbe anche essere che fra 5 anni non useremo più il fascicolo sanitario elettronico, ma potremmo essere spinti ad avere sul cellulare e sul computer un bel software sviluppato da questi giganti che gestisca i nostri dati sanitari. Ora sto paventando uno scenario lontano, ma di cui comunque se ne deve tenere conto. Per definizione, la rete è di difficile controllo e dietro la piattaforma di telemedicina si nasconde il problema della gestione dei dati sanitari. Sono dati sensibili, considerati infatti strategici anche dal punto di vista militare. La questione è dirimente, ma allo stesso tempo è essenziale affrontarla per poter fare una buona telemedicina».

Il Presidente Antonio Vittorino Gaddi

Ci può citare un esempio virtuoso di telemedicina?

«Lo è la pugliese Cardio On Line. Consociata con la SIT, gestisce una parte rilevante di tutta la telecardiologia della Puglia, così come tutta la telecardiologia del personale della Marina Militare italiana. Fanno televisite, telerefertazione e così via. È chiaro che dietro a questa struttura si cela una piattaforma articolata, costituita da un software che gestisce i flussi di dati con hardware potentissimi e server in remoto che fanno il backup di tutto. Si tratta di una realtà che funziona ed è un nostro fiore all’occhiello in Europa e nel mondo, anche se al momento limitata alla Puglia e alla Marina Militare. A poco a poco potremmo usare questa struttura per i malati cardiologici pugliesi e scalarla in più realtà un po’ alla volta fino a coprire l’intero territorio nazionale».

«Il passo successivo è coprire sempre più branche della medicina come cardiologia, dermatologia, pediatria e così via. Di sicuro avremo in futuro dei modelli più potenti, universali, europei o mondiali oltre che italiani, ma oggi sono le esperienze come quella della Puglia sulle quali possiamo contare e dobbiamo costruire la nostra strategia per arrivare alla telemedicina, al di là dei proclami. Allargare a una nuova realtà territoriale o branca un’esperienza che vediamo funzionare e avere un impatto: è così che fra qualche anno avremo un sistema sempre più completo e avanzato».

Appropriatezza delle cure, costruzione di valore, riduzione del rischio clinico, contrasto alla medicina difensiva e abbattimento delle liste d’attesa sono temi ricorrenti nel dibattito pubblico riguardo la sanità: ci sono delle tematiche verso le quali la piattaforma si rivolge particolarmente?

«Quelli che ha elencato sono tutti slogan, non li nomini. Sono slogan perché quando costruisci un sistema di questo tipo, con questo livello di complessità, hai enormi problemi di natura tecnica, scientifica e ingegneristica. Prima di tutto devi privilegiare la sicurezza e la privacy. I problemi che ha citato non sono il fine: dobbiamo creare un sistema più ampio che comprende anche quelle cose, ma che per ora noi non abbiamo».

«Per fare una metafora: è come se il presidente di una squadra di calcio indicasse come problema principale del club la penuria di tifosi quando manca ancora lo stadio, l’allenatore e la squadra intera. La malapolitica però cerca di distogliere il vero problema utilizzando come specchi per le allodole i temi di cui ha parlato prima. La telemedicina deve essere costruita dalle basi ed è questo il punto in cui ci troviamo in questo momento. Chi lo sta facendo molto bene in questo momento è Il governo attuale e in particolare l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), credo anche per via della volontà molto forte del Ministero».

Il Ministero come si sta impegnando in tal senso?

«Il Ministero della Salute sta scrivendo in questo momento i contenuti delle linee guida delle buone pratiche cliniche di tutta la medicina, la telemedicina e la medicina tecnologica di qualsiasi malattia, in collaborazione con una squadra dell’ISS che lavora con 400 società scientifiche. Ora potrebbe chiedersi se questo lavoro non è già stato fatto e io le risponderei di no, infatti lo stiamo facendo adesso. Alcune di queste linee guida sono già uscite, un lavoro fantastico. Nessun governo aveva mai messo mano a questo tipo di lavoro, di conseguenza la telemedicina l’avremo dopo. Noti che la legge Bianco-Gelli sancisce di seguire obbligatoriamente le linee guida, spesso queste manchino all’appello. Capisce la contraddizione?»

«A seguito della loro stesura potremo cominciare a entrare nel merito e fare davvero buone visite, buone refertazioni e un buon monitoraggio. Anche perché, si spera, nel frattempo avremo costruito lo stadio della mia metafora precedente, ovvero la Piattaforma di telemedicina nazionale e le sotto-piattaforme regionali in grado di contenere tutti questi dati e farli funzionare. Ho lavorato con tutti i governi italiani negli ultimi vent’anni e non ho posizioni a favore di questo o di quell’altro colore politico, però riconosco che questo governo è intenzionato a fare le cose serie, quelle toste».

In molti lodano l’avvento della piattaforma nazionale di telemedicina anche per il suo apporto alla fase di progettazione e governo del sistema sanitario: come funzionerà questo contributo?

«Un’altra funzione centrale della piattaforma di telemedicina è quella di ecosistema di deposito e ricerca dei dati sanitari. Con questa funzione sarà possibile estrarre le informazioni necessarie alla pianificazione dei servizi sanitari e valutare le performance. È evidente che consista in un contributo molto importante per il decisore politico. Questa funzione nell’attuale conformazione della piattaforma è quella meglio implementata, oltre a essere quella più facilmente implementabile. Nel senso che un conto è potenziare le infrastrutture su una dimensione informatica gigantesca come dicevo prima e un altro entrare nei contenuti delle singole prestazioni rendendo fruibili ad autorità regionali e al Ministero della Salute i dati che via via vengono ottenuti: il secondo è un compito più facilmente raggiungibile. Ovviamente anche questo è un qualcosa che deve crescere via via che cresce la piattaforma di telemedicina aumenta e con essa la mole di informazioni contenute in essa».

«Però attenzione: il vero governo non sta nel conoscere come stanno andando le cose, ma nell’avere dei meccanismi di intervento in tempo reale per migliorare e correggere gli errori. In biologia si chiama sistema di feedback o di retroazione: quando una cosa va male c’è un circuito che ti permette di tornare all’origine. Questa seconda parte dell’azione di governo, di natura proattiva, è molto più complessa dal punto di vista ingegneristico e clinico-medico da attuare. Invece quello della statistica è molto più alla nostra portata e infatti noi della SIT lo facciamo già da tempo. Quando ci sarà la piattaforma di telemedicina i flussi di dati saranno più veloci e la loro conoscenza sarà molto migliore, questo è sicuro. E questa potrebbe essere già un da sola. Una finalità nobile per la piattaforma».

Ci spieghi la visione e la missione della SIT

«Noi asseriamo un unico dogma centrale, una legge in realtà molto semplice che muove tutti i nostri soci e tutti i nostri esperti: quando si cura un essere umano, chiunque esso sia e qualunque sia il suo problema, bisogna partire dai dati della scienza e dell’etica e avere come unica finalità l’interesse del malato. La telemedicina parte dal paziente e deve tornare al paziente in termini di risultati utili per lui. Se non ci riesce, non esiste. Tutto il resto è semplice dialettica».

«La società si propone come interlocutrice neutrale rispetto a tutti, perché non partecipiamo a gare, bandi o cose simili. Offriamo la nostra consulenza agli enti di tutti i livelli, anche attraverso i nostri presidenti regionali, i quali sono in continuo contatto con Assessori e Governatori. Facciamo tutto questo tenendo presente che la medicina è una e, tolta qualche risibile differenza fra le Regioni, le esigenze dei malati sono sempre le stesse».

«Noi rappresentiamo la scienza e l’etica applicata a essa: abbiamo una fortissima componente di giuristi e di esperti di ogni branca, dall’etica alla fisica e alla matematica di cui ci avvaliamo per cercare la soluzione al problema. Tuttavia, molte volte la scienza e l’etica non hanno la risposta e quando accade bisogna lasciare che decidano i singoli medici e il personale sanitario. Anche perché il medico deve agire comunque: anche quando non conosce la malattia o non sa se ha le cure giuste, è tenuto all’azione dalla legge e dall’etica. Questa è la filosofia della SIT».

E come intendete portare avanti questa filosofia?

«Un’altra priorità su cui spingiamo è la formazione tecnologica del top management, che deve essere competente per governare l’evoluzione del sistema sanitario. Senza una radicata conoscenza del digitale non è possibile avere in mente l’indirizzo da improntargli e questo non possiamo permettercelo».

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di Arrigo Bellelli
6 Ottobre, 2025

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