Il diabete mellito è una condizione cronica complessa la cui evoluzione epidemiologica in Italia non è più spiegabile unicamente attraverso i processi di invecchiamento demografico. È quanto emerge dall’analisi contenuta nella 18ª edizione del Diabetes Barometer Report, documento curato da IBDO Foundation in collaborazione con ISTAT e altri partner istituzionali. I dati aggiornati indicano che la patologia coinvolge attualmente oltre 3,7 milioni di cittadini italiani, cifra che corrisponde a una prevalenza pari al 6,3% della popolazione.
L’analisi condotta dal Report sulla popolazione italiana evidenzia una crescita significativa della prevalenza della patologia, che ha superato il 60% nell’arco di vent’anni, tra il 2003 e il 2023. Tuttavia, l’elemento di maggiore rilevanza clinica e programmatica è l’incremento che permane anche al netto dell’invecchiamento della popolazione: in questo caso, l’aumento della prevalenza si attesta al 27%. Questo dato suggerisce che i fattori determinanti l’aumento della diffusione della patologia vanno ricercati in mutazioni ambientali e di stile di vita, ponendo il diabete tra le principali sfide per la sostenibilità e l’efficacia del Servizio Sanitario Nazionale.
Le disuguaglianze sanitarie
La gestione del diabete in Italia non è uniforme e riflette le profonde disuguaglianze che caratterizzano il contesto socio-sanitario nazionale. Il Report IBDO sottolinea che l’accesso a terapie efficaci, all’innovazione tecnologica e a percorsi di cura integrati non è equo, amplificando il divario tra diverse fasce di popolazione. Le disparità, oltre che territoriali, sono legate allo status socio-economico e al livello di istruzione.
I dati sulla mortalità sono esplicativi: il rischio di decesso, in particolare nella fascia di età al di sotto dei 75 anni, risulta essere quasi doppio tra le persone con un basso livello di istruzione rispetto a coloro che hanno un titolo di studio superiore. Analogamente, si osserva una significativa variabilità geografica, con le regioni del Sud Italia che presentano tassi di mortalità più elevati rispetto alla media nazionale.
Conseguenze multiorgano e profilo clinico
La rilevanza clinica del diabete è data dalla sua progressione sistemica e dalla produzione di gravi complicanze multiorgano a lungo termine, che definiscono l’onere clinico ed economico della malattia cronica. Le principali conseguenze riguardano il sistema cardiovascolare, con un aumento del rischio di infarti e ictus; a livello renale, il diabete è una causa primaria di insufficienza cronica (nefropatia); e a livello oculare, può portare a ipovisione e cecità (retinopatia).
Un’attenzione specifica è dedicata al danno al sistema nervoso periferico (neuropatia), che può portare a ulcere e, nei casi più severi, all’amputazione degli arti inferiori.
Oltre alle complicanze croniche, tra le complicanze acute l’ipoglicemia grave è la più comune: l’analisi stima una media di 9 episodi all’anno ogni 100 persone con diabete di tipo 2, con un picco fino a 15 episodi tra la popolazione anziana. La corretta gestione integrata della patologia è cruciale non solo per il controllo glicemico, ma per ritardare e mitigare il peso di tali complicanze.
La prevenzione: stile di vita, ambiente e intersettorialità
La strategia più razionale e sostenibile per la gestione dell’epidemia diabetica si concentra sulla prevenzione primaria, sulla diagnosi precoce e sull’implementazione di percorsi assistenziali integrati. I fattori di rischio legati allo stile di vita e all’ambiente rappresentano il principale target di intervento. In Italia, la diffusione di sovrappeso e obesità è un fattore di rischio determinante, coinvolgendo 4-5 adulti su 10.
L’IBDO Foundation adotta una prospettiva che include il concetto di Planetary Health, mettendo in luce l’associazione tra fattori ambientali e il rischio di sviluppare la patologia. A tal proposito, il Report mostra una correlazione tra inquinamento atmosferico e un aumento dell’incidenza del diabete. Questa evidenza rafforza la necessità di superare un approccio esclusivamente sanitario, richiedendo l’adozione di politiche intersettoriali che coinvolgano attivamente i settori dell’ambiente, dell’urbanistica e dell’educazione.
