L’OMS ha istituito nel 2007 l’iniziativa europea per la sorveglianza dell’obesità infantile (COSI). Si tratta della più grande iniziativa di sorveglianza al mondo, con la partecipazione di 48 paesi nel 2024. Questo rapporto presenta i risultati del sesto ciclo di studi del COSI (2022-2024), che ha coinvolto circa 470.000 bambini di età compresa tra 6 e 9 anni in 37 paesi. Circa 1 bambino su 4, tra 7 e 9 anni, vive con sovrappeso (inclusa obesità) in Europa. L’11% ha obesità conclamata, con una prevalenza maggiore nei maschi (13%) rispetto alle femmine (9%). Sulla scia di tale iniziativa abbiamo chiesto di analizzare la situazione italiana e, in particolare, il rapporto scuola-famiglia al Prof. Enrico Prosperi, Medico Chirurgo, Specialista in Psicologia Clinica, past President della sezione Lazio della Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare e Prof. di Educazione Terapeutica nell’ambito clinico ed ospedaliero dell’Università Europea di Roma.
I fattori di rischio dell’obesità infantile
Come suggeriscono le linee guida nazionali e internazionali per la prevenzione dell’Obesità, il primo errore da non commettere è quello di concentrarsi, come modifiche comportamentali, esclusivamente sull’alimentazione e sull’attività motoria. L’OMS e la letteratura scientifica sottolineano infatti l’assoluta necessità di intervenire più globalmente sullo stile di vita delle persone e della collettività, con azioni che facilitino e supportino il cambiamento. Lo stile di vita non deve essere confuso solo con una sana alimentazione e un’adeguata attività fisica, ma deve considerare anche il sonno, le relazioni interpersonali, la gestione dello stress e delle abitudini voluttuarie, l’alfabetizzazione al buon utilizzo delle tecnologie, i valori che guidano le persone verso una vita significativa.
Interventi nelle scuole e oltre
Nelle scuole bisognerebbe favorire nelle mense l’offerta di frutta e verdura ed effettuare interventi educativi che non si focalizzino sul peso corporeo ma sulla salute e sulla qualità di vita. Anche sviluppare attività curriculari ed extracurriculari che consentano attività fisiche di almeno 60 minuti quotidiani, meglio ancora se effettuate in gruppo per facilitare la socializzazione e il rispetto delle regole. A livello urbanistico, si può facilitare la scelta di un trasporto attivo, garantendo una maggiore sicurezza ai ciclisti e ai pedoni. Creare spazi urbani dove sia facilitata l’attività sportiva anche di gruppo. Effettuare campagne sui social media per la promozione di alimentazioni sane, possibilmente sul modello della dieta mediterranea.
Alcuni fattori ambientali e sociali sono più gravi tra i più giovani rispetto agli adulti
L’obesità è oggi inserita all’interno di una sindemia globale, ovvero dell’unione di più pandemie (obesità, malnutrizione e cambiamenti climatici) e deve per questo essere affrontata su vari livelli attraverso un approccio multisettoriale che agisca non solo sui singoli ma anche sull’ambiente e sulla società per ridurre stili di vita malsani. I fattori che maggiormente ostacolano la prevenzione dell’obesità nella fascia d’età più giovane sono sicuramente l’eccessiva disponibilità di cibo ad alta densità energetica, l’aumento della sedentarietà, le condizioni socio-economiche svantaggiate, la scarsa diffusione di buone pratiche per contrastare lo stress e un uso eccessivo delle tecnologie digitali.
La relazione tra sedentarietà e tecnologie digitali
Quest’ultime riducono la quantità e qualità del sonno, confondono i ragazzi sulle migliori pratiche alimentari, riducono le relazioni interpersonali in presenza e facilitano la sedentarietà. La riduzione del consumo giornaliero di frutta e verdure nei più giovani è causata sia da prezzi spesso più alti rispetto a cibi ultraprocessati, ma anche da contesti urbani dove è molto facile l’accessibilità a cibi non salutari.
L’efficacia degli interventi scuola-famiglia nella lotta all’obesità pediatrica e possibili soluzioni per aumentarne l’impatto
Gli interventi scuola–famiglia hanno un potenziale enorme, ma oggi la loro efficacia è ancora limitata. Ci sono due aspetti da considerare. Il primo è il coinvolgimento dei genitori: in molti Paesi solo una parte piuttosto ridotta delle famiglie partecipa ai questionari o ai percorsi proposti. In alcuni casi parliamo addirittura di un genitore su quattro. Questo naturalmente riduce la capacità della scuola di costruire con la famiglia un fronte comune contro l’obesità. Il secondo è la scarsa consapevolezza del problema da parte dei genitori. Se il problema non viene percepito, è difficile che la famiglia si senta motivata ad agire, anche quando la scuola mette in campo iniziative positive.
Azioni concrete scuola-famiglia per l’obesità infantile
Per aumentare davvero l’impatto degli interventi scuola–famiglia, servirebbero alcune azioni molto concrete. La prima è comunicare meglio ai genitori lo stato di salute dei bambini, in modo chiaro e personalizzato, così da superare quella sottovalutazione che i dati evidenziano. La seconda è semplificare e rafforzare il coinvolgimento familiare, per esempio con strumenti digitali, incontri dedicati e attività pratiche che mettano insieme scuola e genitori. E infine bisognerebbe puntare di più su iniziative congiunte che influenzino la vita quotidiana dei bambini: dalle merende sane, al tragitto casa–scuola attivo, fino alla gestione dello screen time e del sonno. Scuola e famiglia possono diventare una squadra molto potente, ma perché questo accada è necessario lavorare soprattutto sull’engagement dei genitori e sulla loro consapevolezza (i genitori devono essere più coinvolti, più attivi, più partecipi).
Gli interventi nelle scuole devono essere effettuati da équipe altamente formate e in grado di coinvolgere attivamente studenti e genitori. Le classiche lezioni frontali rischiano di essere noiose e dispersive. Incontri esperienziali dove i ragazzi possono esprimere le loro conoscenze ed essere coinvolti, ad esempio nella costruzione di una Piramide Alimentare, sono in grado di mantenere l’attenzione e far apprendere divertendosi.
Il peso della percezione del problema da parte dei genitori
La percezione genitoriale e la consapevolezza familiare giocano un ruolo cruciale nella prevenzione dell’eccesso ponderale nei bambini e negli adolescenti. I genitori spesso non riescono a riconoscere correttamente lo stato di peso dei propri figli e i dati dell’OMS ci ricordano che circa due terzi dei bambini in sovrappeso sono percepiti dai genitori come normopeso o addirittura sottopeso. Questa mancata percezione può ritardare o ostacolare l’adozione di comportamenti protettivi, come la promozione di abitudini alimentari sane e l’attività fisica regolare.
Momento del pasto; momento di dialogo
I genitori, spesso, non considerano il momento del pasto come un importante spazio di incontro e dialogo con i figli, sono spesso i primi ad utilizzare in modo eccessivo le tecnologie, specialmente gli smartphone, a consumare cibi ordinati online o cibi ultraprocessati per “mancanza di tempo” e ad andare a dormire tardi a causa della TV o degli altri dispositivi elettronici. Questo non favorisce certamente l’adozione di stili di vita sani nei figli. L’uso delle automobili per accompagnare i figli, anche quando le distanze non sono proibitive, impedisce di sviluppare uno stile di vita attivo. Momenti di condivisione, ad esempio passeggiate nei parchi o in bicicletta, favorirebbero non solo l’adozione di stili di vita più attivi, ma anche momenti di confronto e dialogo, necessari per affrontare le difficoltà della vita.
