Apriamo una finestra sulla resistenza ai farmaci psichiatrici

Al 50° Congresso SIP gli esperti lanciano un messaggio chiaro: «La resistenza non è un fallimento, ma un’opportunità per ripensare la cura»
Al 50° Congresso SIP gli esperti lanciano un messaggio chiaro: «La resistenza non è un fallimento, ma un’opportunità per ripensare la cura»

Depressione maggiore, schizofrenia e disturbo ossessivo compulsivo. Ogni giorno, milioni di persone convivono con queste tre patologie psichiche, tra le più diffuse, con una difficoltà nel trovare il trattamento giusto. E, nonostante i progressi della medicina, il 30-60% dei pazienti incontra il “muro” della resistenza ai trattamenti, un ostacolo che aumenta i costi sanitari, appesantisce il lavoro clinico e soprattutto pesa sulla vita delle persone.

Questo il messaggio lanciato dalla Società Italiana di Psichiatria durante il loro 50esimo Congresso Nazionale. «La resistenza non è un punto d’arrivo né un segnale di fallimento – fanno sapere gli esperti – ma un invito a cambiare prospettiva, adottando un approccio più ampio, personalizzato e integrato».

Quando il trattamento non basta più

Come spiegato dagli esperti, si parla di resistenza quando, dopo almeno due cicli di trattamento standard, a dosaggi adeguati e per un tempo sufficiente, non si osserva un miglioramento clinico soddisfacente. Ma questa definizione, se presa isolatamente, rischia di ridurre la complessità del problema.

La risposta ai trattamenti è infatti influenzata da fattori biologici, psicologici e sociali. Per questo, superare la resistenza non significa semplicemente “aggiungere un farmaco”, ma ripensare la cura nella sua totalità a seconda del disturbo e della persona, rendendo il percorso più flessibile e personalizzate.

Depressione resistente

In caso di depressione maggiore, gli studi indicano che fino al 30% dei pazienti non risponde adeguatamente ai trattamenti standard. Spesso a determinare la resistenza non è il farmaco in sé, quanto la scarsa aderenza o una gestione non ottimale.

«È fondamentale rivalutare i trattamenti – afferma Guido Di Sciascio, presidente area territoriale SIP e direttore DSM dell’ASL di Bari – e considerarne l’integrazione attraverso la strategia di augmentation, l’affiancamento con psicoterapie come la cognitivo-comportamentale o l’impiego di tecniche di neuromodulazione come la TMS».

«Inoltre, da marzo del 2019 – prosegue – è stata approvata prima dalla FDA e successivamente anche da AIFA, l’esketamina, attualmente indicata per l’uso insieme a un antidepressivo orale negli adulti con disturbo depressivo maggiore non responsivo ad almeno due antidepressivi utilizzati con dosaggi e tempi corretti».

Tra farmaci e interventi psicosociali

Anche per un terzo dei pazienti con schizofrenia la resistenza ai trattamenti rappresenta una barriera importante. In ogni caso, il farmaco di riferimento resta la clozapina, spesso sottoutilizzata a causa dei possibili effetti collaterali.

«La clozapina continua a essere il gold standard nei casi resistenti» spiega Antonio Vita, presidente area universitaria SIP. «Richiede monitoraggio, ma è una risorsa preziosa. Recenti aggiornamenti regolatori, sia negli Stati Uniti che in Italia, hanno semplificato le procedure di controllo, riducendo gli ostacoli burocratici e facilitando l’accesso al farmaco».

«Oltre ai farmaci – prosegue Vita – sono cruciali anche interventi psicosociali evidence-based come la psicoeducazione familiare, il social skills training, la riabilitazione cognitiva, ed alcuni approcci psicoterapici mirati alla gestione dei sintomi psicotici persistenti».

Disturbo Ossessivo Compulsivo ha il tasso di resistenza maggiore

Il 40% – 60% dei pazienti affetti da Disturbo Ossessivo Compulsivo non risponde adeguatamente agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, come paroxetina, citalopram, escitalopram e sertralina, che rappresentano il trattamento di prima linea. «Nei disturbi ossessivo-compulsivi resistenti ai trattamenti standard – affermano gli esperti – l’associazione di strategie di augmentation farmacologico e neuromodulazione non invasiva, come la TMS o la stimolazione vagale, rappresentano oggi le direzioni più promettenti della ricerca clinica».

Verso una psichiatria personalizzata

Le resistenze ai farmaci non sono però insormontabili. «La recente evoluzione verso la ‘psichiatria di precisione’ e gli approcci integrati, che uniscono farmacoterapia, psicoterapia e strategie di personalizzazione basate su biomarcatori o profili clinici, mirano a superare la tradizionale dicotomia tra “responsivo” e “resistente”, restituendo alla pratica clinica la complessità che le è propria» spiega Liliana Dell’Osso, past president SIP, professore ordinario di psichiatria all’Università di Pisa.

Cure personalizzate, fondate sull’integrazione tra biologia, psicologia e tecnologia, abbandonando l’idea che il solo farmaco possa fare miracoli. «La nostra sfida quindi – conclude Emi Bondi, past president SIP e direttore del DSM dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – deve essere quella di garantire che nessun paziente resti senza risposta, anche quando questa richiede più tempo, maggiori competenze e un impegno clinico condiviso».

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di Bernardino Ziccardi

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