Cosa danneggia o protegge la salute del nostro cervello

Il cervello può ancora cambiare e adattarsi nell’età adulta. Ecco quando i nostri comportamenti lo fanno soffrire e quando, invece, possiamo influenzare cambiamenti strutturali benefici. E attenti agli integratori, dice Gabriele Sansevero: “Sono una scorciatoia che spesso non funziona”.

Di Gabriele Sansevero, PhD, Ricercatore presso l’Istituto di Neuroscienze del CNR e membro dell’Associazione internazionale BraYn  

Per molto tempo il cervello è stato presentato come un organo definitivamente formato una volta diventati adulti: la sua struttura era vista come qualcosa di sostanzialmente fisso. Oggi, sappiamo che non è così. Il cervello resta capace di adattarsi per tutta la vita: crea e modifica connessioni tra neuroni, cambia la forza delle sinapsi e, in alcune aree come l’ippocampo, può persino generare ed integrare nuovi neuroni funzionanti. Questi fenomeni sono alla base della plasticità cerebrale, il substrato della nostra capacità di rimanere flessibili, adattarci a contesti differenti e recuperare un equilibrio in seguito ad avvenimenti stressanti. Due elementi della vita quotidiana – movimento fisico regolare e alimentazione di buona qualità – influenzano questa plasticità, e quindi la salute del cervello, in modo diretto. Non sono bacchette magiche e non sostituiscono cure mediche quando servono, ma possono letteralmente cambiare le condizioni biologiche in cui il nostro umore si forma e si mantiene. 

L’impatto dell’attività fisica sulla plasticità e la salute del cervello

Quando ci muoviamo in modo regolare, soprattutto con attività di tipo aerobico (camminata veloce, bicicletta, corsa blanda, nuoto continuo), il cervello aumenta la produzione di alcune molecole di sostegno per i neuroni.1 Tra queste le neurotrofine, come il BDNF, fattori che aiutano le cellule nervose a sopravvivere, rafforzano le connessioni utili e ne favoriscono di nuove. Questo effetto è particolarmente evidente nell’ippocampo, una regione coinvolta sia nella memoria sia nella gestione delle emozioni e nella capacità di recuperare dopo una fase di stress prolungato. Studi sia su animali sia sull’uomo mostrano che l’esercizio regolare aumenta il BDNF e migliora l’efficienza di queste reti nervose. Griffin e colleghi hanno osservato, ad esempio, che nei giovani adulti l’allenamento aerobico è associato a un aumento misurabile di BDNF nel sangue e a capacità mnemoniche migliori. 2 

Non si tratta di un transitorio cambiamento di umore al termine dell’esercizio, è un cambiamento strutturale: un cervello che rimane plastico è un cervello che non resta bloccato su una singola risposta emotiva. In pratica: la capacità di rispondere al meglio ai differenti eventi non dipende solo dalla forza di volontà, ma anche dalla salute dei circuiti che, giorno dopo giorno, imparano a gestire lo stress. 

Relazione tra esercizio e infiammazione nel cervello 

L’esercizio agisce anche su un altro fronte importante: l’infiammazione e la risposta allo stress. Una vita segnata da tensione cronica e sonno irregolare tende a mantenere l’organismo in uno stato di allarme leggero e continuo, con ormoni dello stress sempre un po’ più alti del normale e con una lieve infiammazione sistemica. Questa condizione è collegata a irritabilità, sbalzi emotivi più bruschi e stanchezza mentale. Il movimento fisico costante “allena” l’organismo a gestire meglio lo stress e riduce questo rumore di fondo infiammatorio. In altre parole, non ci rende invincibili, ma riduce quello stato di tensione continua che spesso ci accompagna silenziosamente. 

Alimentazione: l’ambiente chimico nel quale vive il cervello 

La seconda leva è l’alimentazione. Il cervello è un organo ad altissimo consumo energetico e molto vulnerabile ai disturbi metabolici; soffre quando c’è infiammazione cronica, quando il sonno è di scarsa qualità e quando la glicemia oscilla in modo irregolare. Schemi alimentari ricchi di prodotti ultraprocessati, grassi saturi e zuccheri sono associati proprio a questo tipo di terreno biologico: più infiammazione, più affaticamento, più irritabilità, più sensazione di “testa appannata”. Al contrario, un modello alimentare vicino alla dieta mediterranea – più legumi, verdura, frutta, cereali integrali, olio extravergine d’oliva, pesce ricco di omega-3 – è stato collegato a livelli più bassi di infiammazione e a indicatori migliori di benessere emotivo nelle popolazioni soggette allo studio. 3–5 

Microbiota ed irritabilità  

Una parte di questo effetto passa dall’intestino. I batteri intestinali non vivono isolati dal resto del corpo: producono molecole che dialogano con il sistema immunitario e, attraverso vie ormonali e nervose, anche con il cervello. Quando la dieta è ricca di fibre vegetali, pesce, olio d’oliva e alimenti poco trattati, la composizione del microbiota tende a favorire sostanze che calmano l’infiammazione invece di alimentarla. Questo significa spesso un umore più stabile, livelli di nervosismo più gestibili e minore sensazione di essere costantemente al limite.6Qui è fondamentale chiarire un punto che spesso viene travisato: non stiamo parlando di “dieta per dimagrire”. Stiamo parlando di alimentazione come ambiente chimico in cui vive il cervello. È una questione di qualità dell’energia, di equilibrio ormonale e di infiammazione di basso grado. È manutenzione biochimica. 

“Gli integratori non sono una scorciatoia” 

C’è, poi, un equivoco molto diffuso che va smontato con forza: gli integratori non sono una scorciatoia, non possono sostituire un corretto stile di vita. Il corpo si adatta proprio perché lo mettiamo alla prova. L’attività fisica crea uno stimolo controllato, anche leggermente stressante, a cui il cervello risponde rafforzandosi e diventando più plastico. Se questo stimolo viene “spento” artificialmente, per esempio con dosi elevate di integratori antiossidanti presi in modo indiscriminato, rischiamo di bloccare proprio quella risposta di adattamento che volevamo ottenere. Nel nostro laboratorio abbiamo osservato che un eccesso di antiossidanti può annullare i benefici dell’esercizio fisico sulla capacità della corteccia visiva di rimodellarsi: in pratica la corteccia diventava meno capace di cambiare, non di più.7 

Questo è un passaggio delicato. L’idea intuitiva “se fa bene in natura, in pillola farà ancora meglio” è spesso sbagliata. L’alimentazione reale è fatta di combinazioni di nutrienti, fibre, tempi di assorbimento, segnali al microbiota, e tutto questo dialoga con il sistema immunitario e con il cervello. Non esiste una capsula capace di riprodurre l’insieme. E soprattutto non esiste una capsula capace di sostituire il fatto che ti muovi. Il rischio, affidandosi solo agli integratori, è duplice: biologico (perdi parte dei benefici veri) e psicologico (ti convinci di aver “già fatto qualcosa”, e quindi rinunci al cambiamento quotidiano che invece, alla lunga, è quello che protegge davvero). 

I limiti dell’attività fisica nel migliorare l’umore 

A questo punto è importante evitare un altro malinteso: nessuno sta dicendo “se ti senti giù è colpa tua perché non fai abbastanza attività fisica o non mangi abbastanza verdure”. Questa è una forma di colpevolizzazione che non solo è ingiusta, ma è anche scientificamente falsa. Le variazioni dell’umore dipendono da fattori biologici, storia personale, condizioni sociali, fattori ormonali, qualità del sonno, lavori precari, preoccupazioni economiche, lutti. Nessuno stile di vita, per quanto “sano”, cancella tutto questo

Cambiare prospettiva: niente prediche ma un approccio pratico 

Quello che possiamo dire, con onestà, è leggermente diverso ma molto importante: mantenere una minima routine di movimento, un’alimentazione meno infiammatoria e orari di sonno ordinati contribuisce a tenere il cervello in uno stato plastico. Un cervello che resta flessibile è un cervello che sa ancora cambiare rotta. Non è la promessa di una felicità permanente, e non è nemmeno un obbligo morale a “stare bene”. È, più semplicemente, una possibilità concreta di recupero. Sapere che il cervello resta capace di adattarsi anche in età adulta non risolve tutto, ma spesso è già un sollievo: vuol dire che la sensazione di “restare così per sempre” non è scritta nella biologia. 

In questo senso parlare di stile di vita non è fare prediche, ma parlare di manutenzione del sistema nervoso. Muoversi un po’ tutti i giorni, mangiare in modo che non alimenti continuamente l’infiammazione, non abusare degli integratori come se fossero un sostituto delle abitudini: sono azioni piccole, spesso imperfette, spesso intermittenti, ma che tengono aperta una porta. Quella porta si chiama plasticità. 

Di Gabriele Sansevero, PhD, Ricercatore presso l’Istituto di Neuroscienze del CNR e membro dell’Associazione internazionale BraYn  

Riferimenti essenziali 

(1) Consorti, A.; Di Marco, I.; Sansevero, G. Physical Exercise Modulates Brain Physiology Through a Network of Long- and Short-Range Cellular Interactions. Front Mol Neurosci 2021, 14, 710303. https://doi.org/10.3389/fnmol.2021.710303. 

(2) Griffin, É. W.; Mullally, S.; Foley, C.; Warmington, S. A.; O’Mara, S. M.; Kelly, A. M. Aerobic Exercise Improves Hippocampal Function and Increases BDNF in the Serum of Young Adult Males. Physiol Behav 2011, 104 (5), 934–941. https://doi.org/10.1016/j.physbeh.2011.06.005. 

(3) Ventriglio, A.; Sancassiani, F.; Contu, M. P.; Latorre, M.; Di Salvatore, M.; Fornaro, M.; Bhugra, D. Mediterranean Diet and Its Benefits on Health and Mental Health: A Literature Review. https://doi.org/10.2174/1745017902016010156. 

(4) Firth, J.; Gangwisch, J. E.; Borsini, A.; Wootton, R. E.; Mayer, E. A. Food and Mood: How Do Diet and Nutrition Affect Mental Wellbeing? BMJ 2020, 369, m2382. https://doi.org/10.1136/bmj.m2382. 

(5) Houminer-Klepar, N.; Dopelt, K. Associations Between Mediterranean Diet, Processed Food Consumption, and Symptoms of Anxiety and Depression: Cross-Sectional Study Among Israeli Adults. Foods 2025, 14 (9), 1485. https://doi.org/10.3390/foods14091485. 

(6) Staudacher, H. M.; Teasdale, S.; Cowan, C.; Opie, R.; Jacka, F. N.; Rocks, T. Diet Interventions for Depression: Review and Recommendations for Practice. Aust N Z J Psychiatry 2025, 59 (2), 115–127. https://doi.org/10.1177/00048674241289010. 

(7) Sansevero, G.; Consorti, A.; Di Marco, I.; Terzibasi Tozzini, E.; Cellerino, A.; Sale, A. Antioxidants Prevent the Effects of Physical Exercise on Visual Cortical Plasticity. Cells 2022, 12 (1), 48. https://doi.org/10.3390/cells12010048. 

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di Tommaso Vesentini

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