È stato presentato il 5 maggio a oltre 400 insegnanti e dirigenti scolastici il progetto che, a partire dagli anni scolastici 2025-2026 e 2026-2027, verrà attivato nelle scuole primarie del Friuli-Venezia Giulia con l’obiettivo di potenziare l’insegnamento della lettoscrittura nei primi due anni della scuola primaria e, al tempo stesso, individuare precocemente i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).
L’iniziativa nasce dalla constatazione che un’ampia percentuale di bambini che si rivolge ai servizi per un sospetto DSA (stimata intorno al 30-40%) presenta in realtà difficoltà scolastiche legate a metodi di insegnamento poco efficaci, e non un disturbo vero e proprio. Affrontare queste difficoltà con percorsi mirati può evitare l’accesso improprio ai servizi sanitari e favorire un corretto inquadramento del problema.
Il “Programma Alfabeto” per la lettoscrittura nelle scuole
Il cuore del progetto è l’applicazione del “Programma Alfabeto”, un metodo strutturato per l’insegnamento della lettura e della scrittura basato su un approccio fono-sillabico elaborato dalle strutture complesse di Epidemiologia Clinica e Ricerca sui Servizi Sanitari e Neuropsichiatria infantile del Burlo. Messo a punto dalla dottoressa Luciana Ventriglia e dal professor Antonio Calvani, il programma sarà sperimentato in classe prima e seconda in diverse scuole della regione.
“Il metodo, basato su un approccio sistematico e strutturato – spiega la dottoressa Isabella Lonciari, neuropsichiatra infantile – ha dimostrato, anche a livello neurobiologico, una maggiore efficacia nell’apprendimento della lettura rispetto ad altri approcci, ed è quindi raccomandato nella prima alfabetizzazione”.
Una sperimentazione scientifica su scala regionale
Il progetto si distingue anche per il rigore metodologico: si tratta del primo studio controllato e randomizzato su larga scala condotto in Italia per valutare l’efficacia di un metodo didattico nella prevenzione dei DSA.
“Ci aspettiamo un miglioramento generalizzato delle competenze di lettoscrittura tra i bambini coinvolti – afferma la dottoressa Manuela Giangreco, della struttura complessa di Ricerca Epidemiologia Clinica e Ricerca sui Servizi Sanitari dell’Irccs – e, di conseguenza, un alleggerimento della pressione sui servizi sanitari. Lo screening precoce, unito a una didattica efficace, può portare benefici non solo agli alunni, ma all’intera comunità scolastica e sanitaria».
Una collaborazione scuola-sanità per agire precocemente
Il progetto nasce dalla collaborazione tra professionisti della sanità pubblica, dell’educazione e del mondo accademico, in particolare con l’Ufficio Scolastico Regionale, l’Assessorato regionale all’Istruzione, l’Università di Udine e l’Università di Trieste.
L’obiettivo comune è quello di attivare strumenti didattici basati su evidenze scientifiche per sostenere l’apprendimento di tutti i bambini, intervenendo prima che le difficoltà si cronicizzino e assumano caratteristiche di patologia. Un modello che mette in relazione scuola e salute, prevenzione e qualità dell’insegnamento.