I numeri di una trasformazione silenziosa
L’UNICEF ha stilato un report sull’alimentazione infantile, il quale attesta che dal 2000 i tassi di obesità tra i bambini di età compresa tra i 5 e i 19 anni sono triplicati, passando dal 3% al 9,4%. Parallelamente, il sottopeso è sceso dal 13% al 9,2%. Si tratta di un vero ribaltamento epidemiologico, che non riguarda più soltanto i Paesi ad alto reddito. Oggi l’obesità prevale ovunque, con l’unica eccezione dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale.
Il quadro più drammatico si registra nelle isole del Pacifico, dove la transizione da diete tradizionali a cibi importati, calorici ed economici, ha fatto impennare i tassi: il 38% dei bambini a Niue, il 37% nelle Isole Cook e il 33% a Nauru vivono con obesità, percentuali raddoppiate in soli vent’anni. Nemmeno i Paesi industrializzati sono al riparo: il 27% dei giovani cileni è obeso, negli Stati Uniti e negli Emirati Arabi Uniti la quota si ferma al 21%, ma resta comunque elevatissima.
Il caso Italia: tendenze contrastanti
L’Italia mostra un quadro più complesso. Negli ultimi vent’anni il sovrappeso tra i minori è sceso dal 32% al 27%, ma l’obesità è rimasta stabile al 10%. Parallelamente, è raddoppiata (dall’1% al 2%) la quota di bambini in condizione di sottopeso. Come ha evidenziato Nicola Graziano, Presidente di UNICEF Italia, si tratta di dinamiche articolate che richiedono interventi mirati, capaci di affrontare contemporaneamente sovrappeso e magrezza.
Cibi ultra-processati e marketing aggressivo: i veri responsabili
«Quando parliamo di malnutrizione non possiamo più pensare solo al sottopeso», ha spiegato Catherine Russell, Direttrice Generale UNICEF. Il problema principale è rappresentato da un ambiente alimentare che spinge verso prodotti ultra-processati (ricchi di zuccheri, sale e grassi) a scapito di frutta, verdura e proteine di qualità.
Un’indagine su oltre 64.000 giovani di 170 Paesi ha mostrato che il 75% ricorda di aver visto, solo nell’ultima settimana, pubblicità di snack, bevande zuccherate o fast food. Nel 60% dei casi queste inserzioni hanno aumentato il desiderio di consumarli. Persino nei Paesi in guerra, il 68% dei ragazzi è esposto a questo tipo di pubblicità, segno del potere penetrante del marketing digitale.
Conseguenze pesanti per salute ed economia
Le ricadute sanitarie sono note: maggiore rischio di insulino-resistenza, ipertensione, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e tumori. Malattie che, iniziate in giovane età, possono compromettere la qualità e l’aspettativa di vita.
L’impatto economico è altrettanto rilevante. Il Perù, ad esempio, rischia di perdere oltre 210 miliardi di dollari per i costi legati all’obesità. Su scala globale, entro il 2035 il peso economico del problema supererà i 4.000 miliardi di dollari all’anno.
Le raccomandazioni UNICEF: un piano per invertire la rotta
L’UNICEF chiede un impegno congiunto di governi, comunità e società civile per trasformare gli ambienti alimentari. Le misure proposte includono:
- Normative vincolanti, come etichette più chiare, tasse su cibi non salutari e limiti alla pubblicità;
- Protezione delle scuole, vietando cibi ultra-processati e sponsorizzazioni commerciali negli istituti;
- Supporto alle famiglie vulnerabili, con programmi sociali che garantiscano l’accesso a cibi sani;
- Barriere contro le interferenze dell’industria, per proteggere le politiche pubbliche da pressioni commerciali.
Di Teresa Zeleznik