Sanità digitale: perché più innovazione richiede più umanizzazione

Il paradosso della sanità digitale, come spiega Pierino Di Silverio, Direttore del Centro regionale trapianti della Regione Campania, è che più avanza la tecnologia, più è necessario recuperare il valore del rapporto umano. Durante l’evento “Umanesimo digitale e sanità”, si è discusso di questo delicato equilibrio.
sanità digitale

Il paradosso della sanità digitale

Pierino Di Silverio

Durante l’intervista condotta da Alessandra Bertucci, Responsabile Innovazione e Promozione Sanità Digitale di So.Re.Sa, nell’ambito dell’evento Napoli Bees Square ‘Umanesimo Digitale e Sanità’, Pierino Di Silverio, Direttore Centro regionale trapianti regione Campania, ha chiarito un punto fondamentale: “Il progresso tecnologico paradossalmente richiede più umanizzazione”. Un’affermazione che sembra contraddittoria ma che fotografa bene la sfida attuale: l’innovazione, se mal governata, rischia di allontanare il sistema sanitario dal paziente, anziché avvicinarlo.

“Ci stiamo appoggiando a tutto ciò che la tecnologia ci può offrire in termini di supporto, senza renderci conto che questo può farci perdere di vista il filo conduttore della presa in carico del paziente: il rapporto umano”.

Il paziente non è un algoritmo

“Anche il termine “intelligenza artificiale” oggi è superato. Non parliamo più solo di AI, ma di interi sistemi, di big data che diventano strumenti decisionali. Tuttavia, se io penso di sostituire un referto radiologico con un algoritmo che, basandosi sul matching tra milioni di casi, mi dice che una persona ha una determinata patologia, rischio di dimenticare che ogni paziente è unico. Nessun dato può standardizzare una persona”.

Sanità digitale: personalizzazione sì, standardizzazione no

È un punto critico dell’attuale transizione digitale: da un lato si parla di “medicina personalizzata”, dall’altro si rischia di fare l’opposto. Una contraddizione da gestire con attenzione.

“Stiamo andando verso una medicina di precisione, sempre più personalizzata e pensata per il singolo paziente, non solo per la malattia. Ma la tecnologia rischia di portarci nella direzione opposta: standardizzare tutto. È lì che dobbiamo trovare un equilibrio”.

Ripartire dal professionista

Chi può garantire questo equilibrio? Per Di Silverio il fulcro della cura resta il medico, che deve essere rimesso al centro del sistema, anche nel governo dell’innovazione.

“L’equilibrio lo dà il professionista. La tecnologia deve aiutare a ridurre la burocrazia e liberare tempo per la cura, che oggi è una delle principali carenze vissute dai medici”.

Liberare tempo clinico, alleggerire i carichi amministrativi, consentire una presa in carico più profonda: questa è la funzione più preziosa della sanità digitale.

“È utile avere strumenti che velocizzano processi, ma non si deve pensare che la tecnologia possa sostituire la cura personalizzata. La tecnologia è un supporto, non un sostituto della relazione”.

Il nodo della responsabilità medica

“C’è anche un altro aspetto fondamentale: la responsabilità. Da un lato è positivo sapere che il potere di firma resta nelle nostre mani. Anche con impianti tecnologici avanzatissimi, alla fine chi firma si assume la responsabilità. Ma, dall’altro lato, oggi il medico è responsabile anche di ciò che non fa, di ciò che omette, di ciò che non ha potuto fare. Per questo è urgente ridefinire cosa si intende per atto medico: dove inizia e dove finisce la responsabilità del medico. In Italia, questa definizione oggi non esiste”.

Regole chiare per l’intelligenza artificiale

“Anche sull’intelligenza artificiale abbiamo solo indicazioni generali a livello europeo. Serve un protocollo nazionale, con linee guida chiare e applicabili che stabiliscano confini precisi all’uso dell’AI e del progresso tecnologico nella sanità digitale”.

Il futuro si costruisce con chi cura

Il rischio più grande, conclude Di Silverio, è quello di disegnare il futuro della sanità senza chi la fa funzionare ogni giorno. Una frattura che rischia di compromettere tutto.

“Non possiamo cambiare la Sanità senza coinvolgere chi ci lavora ogni giorno. Se continuiamo a escludere i professionisti dalle decisioni, rischiamo di creare un distacco che compromette la presa in carico del paziente. Ogni riforma, ogni innovazione, ogni strumento introdotto deve essere pensato con e per i professionisti. Perché solo chi è sul campo può dire davvero se un cambiamento funziona”.

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