Screening per il tumore ai polmoni: una risorsa sottoutilizzata 

Uno studio dell’American Cancer Society stima un forte impatto in vite salvate se l’adesione aumentasse tra i soggetti a rischio.
screening tumore polmoni

Una recente analisi dell’American Cancer Society, pubblicata su JAMA, evidenzia quanto l’adesione sistematica allo screening per il tumore del polmone potrebbe incidere sulla sopravvivenza delle persone più esposte. Secondo la ricerca, se tutti gli individui idonei si sottoponessero regolarmente alla tomografia computerizzata a basso dosaggio, nell’arco di cinque anni si potrebbero evitare decine di migliaia di decessi e recuperare un numero significativo di anni di vita. Le categorie considerate ad alto rischio includono fumatori attuali, ex fumatori e chi ha smesso da meno di quindici anni.

Una partecipazione ancora limitata

Nonostante sia uno strumento raccomandato dalle principali linee guida statunitensi, la partecipazione allo screening rimane bassa. Negli Stati Uniti, solo una quota minoritaria degli aventi diritto sceglie di sottoporsi alla procedura. Per Priti Bandi, autrice principale dello studio, si tratta di «un’opportunità mancata», poiché l’estensione dello screening agli individui eleggibili permetterebbe di prevenire un numero di morti molto più elevato rispetto a quanto avviene oggi. I criteri attuali includono soggetti con una lunga storia di consumo di tabacco, ma i ricercatori ipotizzano che un ampliamento della platea potrebbe incrementare ulteriormente il numero di decessi evitabili e gli anni di vita guadagnati.

Dati che evidenziano un margine di miglioramento

Secondo le stime del National Health Interview Survey, oltre dodici milioni e mezzo di adulti statunitensi soddisfano i requisiti fissati dalla US Preventive Services Task Force. Tuttavia, solo una minoranza ha aderito allo screening nell’ultimo anno considerato. Lo studio dell’American Cancer Society calcola che, in caso di adesione totale, migliaia di decessi per cancro al polmone potrebbero essere evitati in un quinquennio, con un conseguente recupero complessivo di centinaia di migliaia di anni di vita. «Chi rientra nella fascia d’età tra i 50 e gli 80 anni e ha una storia di fumo dovrebbe parlarne con il proprio medico», ricorda Bandi, invitando le persone a chiedere una valutazione personalizzata della propria idoneità allo screening. 

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di Sara Claro

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