Se non agiamo ora, il SSN sarà sempre più povero di medici

Magi e Anelli (FNOMCeO) avvertono: «Un SSN poco attrattivo significa fuga di professionisti verso estero, privato e pre-pensionamento»
Magi e Anelli (FNOMCeO) avvertono: «Un SSN poco attrattivo significa fuga di professionisti verso estero, privato e pre-pensionamento»

«Entro i prossimi 5 anni circa 40mila medici del Servizio sanitario nazionale andranno in pensione, ma 30mila di questi non saranno rimpiazzati. Ecco perché in vista della Manovra insisto nel dire che bisogna aumentare le risorse per le assunzioni, nella speranza che vengano assunti medici non solo negli ospedali, come è stato fatto finora, ma anche nei servizi di medicina del territorio, come prevede il Pnrr. Mi riferisco a medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali interni, altrimenti sarà impossibile mandare avanti le Case di Comunità». Lo dice all’Adnkronos Salute Antonio Magi, del Centro studi FNOMCeO (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri).

Le cifre

«Dei 439.957 medici iscritti all’Albo professionale – spiega Magi – 415.868 esercitano come medici (e 24.089 come odontoiatri), in pratica 7,04 ogni 1.000 abitanti. Meglio di noi solo la Svezia (7,29). Dietro di noi Germania (6,56), Spagna (5,89), Regno Unito (3,97) e Francia (3,3). Nella realtà, però, le cose sono molto diverse. Dei 415.868 medici iscritti all’albo, 89.228 sono pensionati. In teoria ne sarebbero disponibili 326.640, ma non è così poiché il 30% (98.719) opera al di fuori del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), 38.985 esercitano all’estero, 40.588 sono puri libero professionisti, 19.146 lavorano esclusivamente nel privato».

A conti fatti «restano 227.921 medici, dei quali però 18.290 lavorano in strutture private accreditate. Quindi a disposizione del SSN ne restano 208.710. Di questi andranno in pensione entro il 2030 circa 40.000 camici bianchi e già sappiamo che 30.000 non saranno rimpiazzati. Quindi dobbiamo ancora sottrarre e arriviamo a 178mila medici a disposizione del SSN; tra loro, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta». Ecco perché, esorta Magi, «occorre invertire la rotta e prevedere nuove assunzioni. Altrimenti l’accesso alle cure pubbliche resterà per molti italiani sempre più difficile».

Un SSN poco attrattivo

«L’impegno per potenziare il personale è senz’altro lodevole nelle intenzioni, ma insufficiente per dare le risposte tanto attese» rincara Filippo Anelli, presidente della FNOMCeO. La previsione è di appena mille in medici in più, dieci per provincia: solo dall’Ordine di Roma si sono cancellati, quest’anno, mille giovani medici, diretti all’estero.  Mille medici da assumere in un Paese che avrebbe i medici in numero sufficiente e che sta formando, entro il 2029, 42mila specialisti, mentre saranno solo diecimila quelli che andranno in pensione. Mille medici che comunque andranno attratti in un SSN che non ha molto da offrire: retribuzioni non adeguate alla media europea, condizioni di lavoro insostenibili proprio per la carenza di personale, rischio di aggressioni, di burnout, di denunce ingiuste. Condizioni che, anziché attirare nuovi professionisti verso il nostro SSN, causano la fuga di coloro che ancora resistono: fuga verso l’estero, verso il privato, verso il pensionamento anticipato».

«Ma senza professionisti – chiosa Anelli – non si può fare la sanità, non si possono garantire le prestazioni ai cittadini. Soprattutto se questi cittadini sono sempre più anziani e con maggiori necessità di cure e i professionisti nel Servizio sanitario nazionale sono sempre di meno. E così le liste d’attesa si allungano, i pronto soccorso si affollano, le disuguaglianze di salute si ampliano e sempre più cittadini sono costretti a rinunciare alle cure, o a curarsi quando è ormai troppo tardi». «Servono azioni forti – spiega ancora – per invertire la tendenza e dare riposte ai cittadini. Servono più medici, più professionisti, in ospedale e sul territorio, da ingaggiare attraverso una valorizzazione della loro professionalità e delle loro competenze. Dobbiamo snellire la burocrazia, migliorare il sistema, aumentare l’autonomia dei medici: un’azione semplice come l’abolizione dei piani terapeutici libererebbe, sin da subito, cinque milioni di visite specialistiche da mettere a disposizione dei cittadini».

I benefici di un investimento sicuro

«Cambiare si può – spiega il presidente – e si può, e si deve, iniziare già da oggi a fare il primo, essenziale, passo: vincolare, durante il passaggio in Parlamento, le risorse aggiuntive, individuate grazie al Ministro Schillaci, al Ministro Giorgetti e a tutto il Governo, al potenziamento del personale. La tutela della salute oggi in Italia è il frutto dell’impegno delle donne e degli uomini che, ogni giorno, si spendono con passione per le persone che soffrono. Sono loro il fulcro della sanità e meritano rispetto e sostegno. Ingaggiare più professionisti, più motivati, più realizzati significa schierare una squadra vincente per giocare la partita cruciale, dove il goal è la salute individuale e collettiva, garantita a tutti senza distinzioni. Puntare sui professionisti significa poter curare tutti, ripianando le disuguaglianze, curare prima, abbattendo le liste d’attesa, curare meglio, mettendo le migliori competenze al servizio della salute».

«Investire in sanità conviene: non solo perché genera salute, ma anche perché è un volano per l’economia» conclude Anelli. «Tanto che, come ha dimostrato il Censis, si riesce quasi a raddoppiare il valore dell’investimento iniziale, recuperando 1,84 euro per ogni euro speso. Sempre il Censis, dati alla mano ha attestato come il SSN non sia più attrattivo per i professionisti, non riuscendo ad ingaggiarne di nuovi, ma neppure a trattenere quelli che ci sono. Professionisti che, per otto italiani su dieci, sono il cuore e il volto del SSN, che a loro deve la tenuta anche in condizioni impossibili come la pandemia o il definanziamento».

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di Arrigo Bellelli

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