Un semestre aperto a 54.000 studenti: ma per metà sarà una falsa partenza
Il nuovo sistema di accesso alla Facoltà di Medicina, introdotto dal Ministero dell’Università e della Ricerca, ha portato all’iscrizione di 54.000 studenti al cosiddetto “semestre filtro”, una fase aperta e propedeutica alla selezione finale. Ma solo la metà degli iscritti potrà proseguire nel percorso di laurea, lasciando gli altri in una situazione di stallo e incertezza. A esprimere forte preoccupazione è Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale di Anaao Assomed, che sottolinea i rischi concreti derivanti dalla riforma: «Dei 54 mila iscritti, circa la metà potrà ottenere l’agognato posto. Dal momento poi che le borse di specializzazione sono 14.700 e quelle per la medicina generale sono 2.000, tra sei anni avremo almeno 10.000 laureati che dovranno trovare un’occupazione, come per esempio cercare lavoro all’estero».
Per il sindacato, questi numeri rappresentano un campanello d’allarme per il futuro della professione medica in Italia: «E questi numeri più che un inno alla professione, per noi sono un inno alla futura disoccupazione».
Semestre filtro: dall’entusiasmo all’incertezza
Secondo Anaao, il nuovo sistema con il semestre filtro rischia di generare un’illusione collettiva: una falsa apertura che, dopo sei mesi di studio, si traduce in esclusione e frustrazione.
«I 26.000 studenti esclusi, dopo il semestre di illusione, passeranno dal sogno all’incubo di cosa fare della propria vita, magari ritenteranno l’iscrizione partendo in ritardo rispetto ai colleghi iscritti già da sei mesi».
Il sistema selettivo non scompare, ma cambia forma. Di Silverio osserva come il tanto annunciato superamento del test d’ingresso sia in realtà una sostituzione parziale, non una riforma strutturale:
«Dulcis in fundo – prosegue – il famigerato test non viene eliminato bensì sostituito da altre prove».
Pochi aspetti positivi, molte perplessità
Il giudizio del sindacato è netto: la riforma produce più ombre che luci. Se da un lato si apprezza l’intenzione di rendere il test più attinente e di conservare il numero programmato, dall’altro restano in piedi criticità sistemiche che rischiano di pesare sull’intero comparto universitario e sanitario.
«Sono pochi gli elementi positivi: un test più attinente e la conservazione del numero chiuso. Ma il metodo di giudizio resta baronale e non di merito, e i corsi saranno online in barba all’obbligo di frequenza. Una riforma che, calata nella realtà, produrrà effetti purtroppo devastanti sul futuro di molti studenti».
Il vero nodo: oggi mancano specialisti, non futuri medici
Il sindacato contesta anche la logica temporale con cui è stata concepita la riforma. Se il problema è la carenza di professionisti, il meccanismo di selezione posticipato non interviene dove oggi servirebbe.
«Qual è il senso? Noi non lo vediamo. I medici mancano oggi in alcune branche, non tra dieci anni. Sarebbe stato sufficiente mettere a disposizione programmi omogenei, libri di testo, corsi di preparazione gratuiti e test attinenti, senza far perdere tempo e speranze a decine di migliaia di studenti».
Specialisti cercasi, ma senza attrattività
Alla base delle attuali difficoltà nel reperire medici – soprattutto in aree critiche come pronto soccorso, anestesia e chirurgia – non c’è una carenza assoluta di laureati in Medicina, ma piuttosto una programmazione inadeguata del fabbisogno specialistico negli ultimi anni.
«L’attuale carenza di medici in alcune specialità si spiega con una programmazione errata del fabbisogno di specialisti negli ultimi dieci anni. Fino al 2021, infatti, i posti nelle scuole di specializzazione erano inferiori rispetto ai medici laureati: è il cosiddetto imbuto formativo».
A questo si aggiunge il fatto che, senza specializzazione, un medico non può lavorare in ospedale, alimentando così un cortocircuito formativo che ha ripercussioni dirette sull’assistenza sanitaria.
Una professione sempre meno appetibile
Le condizioni in cui oggi si trovano a operare molti professionisti stanno rendendo alcune specializzazioni sempre meno attrattive, spingendo i giovani medici a cercare alternative fuori dal Servizio Sanitario Nazionale.
«Oggi non mancano medici in generale, ma mancano medici in alcune specialità. Pronto soccorso, anestesia, chirurgia, ma pian piano si stanno aggiungendo anche le altre. Questa è una professione non più appetibile sotto il profilo economico, della responsabilità, dell’organizzazione del lavoro e delle tutele».