Una revisione sistematica dei ricercatori del Centro di Medicina del Sonno dell’Irccs Neuromed di Pozzilli, in collaborazione con altri centri italiani, mostra come il passaggio dall’ora solare all’ora legale riduca la qualità e la durata del sonno, in particolare nei cronotipi serali, i cosiddetti gufi. E tutto questo senza produrre i benefici sperati, sia a livello economico che su qualità del sonno e, conseguentemente, vigilanza diurna.
La storia
Il primo cambio d’orario ufficiale, cioè l’introduzione dell’ora legale, risale alla Prima guerra mondiale. L’idea di spostare le lancette in avanti per sfruttare meglio la luce naturale non era nuova: era già stata proposta nel 1784 da Benjamin Franklin. Il padre fondatore degli Stati Uniti suggerì questo sistema per risparmiare candele, ma ai tempi la sua rimase soltanto un’intuizione teorica. Il primo utilizzo concreto dell’ora legale, infatti, avvenne nel 1916, quando la Germania e l’Impero austro-ungarico decisero di adottarla il 30 aprile per risparmiare energia durante il conflitto.
A questa iniziativa aderirono presto anche altri Paesi europei, tra cui il Regno Unito e la Francia. L’Italia introdusse l’ora legale il 3 giugno 1916. Da allora il sistema è stato sospeso e ripristinato più volte, soprattutto durante i periodi bellici e le crisi energetiche. In Italia, l’adozione stabile dell’ora legale risale alla fine degli anni Sessanta, precisamente al 1966–1967, e da allora è rimasta una consuetudine annuale.
La revisione sistematica
L’Irccs Neuromed ha guidato i ricercatori di vari istituti: Università di Pavia, Fondazione Mondino, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università Uninettuno e Università di Genova. Dopo aver condotto una metanalisi su 27 studi fatti in più paesi che copre un arco di quattro decenni, gli scienziati hanno scoperto che c’è un effetto negativo sulla durata e sulla frammentazione del sonno. Tale esito è indotto dalla transizione dall’ora solare a quella legale, spostando avanti di un’ora le lancette dell’orologio. Inoltre, le conseguenze di questo cambio sono più marcate in chi ha un cronotipo serotino, fa un lavoro turnista e negli adolescenti.
La conseguenza di tutto ciò è una maggiore probabilità di sviluppare problematiche di natura cognitiva e di salute cardiaca, vascolare e cerebrale. Il passaggio in autunno all’ora legale, invece, dà spazio a effetti benefici, come il temporaneo aumento delle ore di sonno. Con la ripetizione ciclica di questi avvenimenti, i problemi possono diventare cronici.
Le prossime ricerche
Gli sviluppi futuri si basano su studi di polisonnografia, ovvero la tecnica di riferimento per analizzare il sonno. Tuttavia, c’è una carenza numerica di questi studi e di una standardizzazione degli stessi. All’AdnKronos, il Prof. Andrea Romigi, neurologo responsabile del Centro di Medicina del Sonno dell’Irccs Neuromed, ha sottolineato come gli studi futuri debbano «chiarire l’aspetto economico perché una delle maggiori guide al mantenimento nei 70 paesi che ce l’hanno in uso l’ora legale è legata al fatto che c’è un risparmio economico. In realtà è un risparmio economico molto relativo, che a volte non supera lo 0,5% e che addirittura nei paesi tropicali è un aumento della spesa perché i sistemi di condizionamento vengono utilizzati più a lungo», così come i consumi energetici.
