Il sonno resta uno dei farmaci più potenti a disposizione dell’essere umano. Lo ricorda il neurologo Piero Barbanti, Direttore dell’Unità per la Cura e la Ricerca su Cefalee e Dolore dell’IRCCS San Raffaele di Roma: «Il lunedì successivo al ritorno all’ora solare è il giorno con meno infarti al mondo. Basta un’ora di relax in più per far crollare i livelli di cortisolo e ridurre le malattie stress-correlate». Secondo Barbanti, il cervello vive costantemente in un debito di sonno che ne limita la capacità di “ripulirsi” attraverso il flusso glinfatico notturno e di spegnere il sistema di allerta, noto come sistema simpatico. Recuperare anche solo sessanta minuti di sonno, spiega il neurologo, significa dare al corpo il tempo di ricaricarsi e riequilibrarsi.
Quando il ritmo interno si scontra con quello sociale
Non tutti, tuttavia, reagiscono allo stesso modo ai cambiamenti di orario. Alcune persone, in particolare chi soffre di emicrania, insonnia, ansia o depressione, sperimentano un vero e proprio “jet lag biologico”. In questi casi, il centro dei bioritmi situato nell’ipotalamo, il nucleo soprachiasmatico, impiega più tempo ad adattarsi ai nuovi cicli di luce e buio. Il risultato può essere una temporanea alterazione della qualità del sonno, con stanchezza e irritabilità. L’uso della melatonina, assunta tra le 21 e le 22, può favorire un più rapido riallineamento dei ritmi circadiani, suggerisce Barbanti.
L’impatto scientificamente documentato dei cambi stagionali
Una revisione sistematica pubblicata su Sleep Medicine Reviews, condotta dal Centro di Medicina del Sonno dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli con diverse università italiane, ha analizzato 27 studi internazionali per valutare gli effetti dei cambi stagionali sull’equilibrio sonno-veglia. I dati indicano che il passaggio primaverile all’ora legale produce una riduzione della durata e della qualità del sonno, accompagnata da maggiore sonnolenza diurna. L’effetto è più evidente nei soggetti con cronotipo serale, i cosiddetti “gufi”, che tendono ad addormentarsi più tardi e a risentire maggiormente dello spostamento dell’orario sociale. Il ritorno all’ora solare, al contrario, mostra conseguenze più moderate e talvolta benefiche, con un temporaneo aumento delle ore di riposo. «Questi effetti sono in genere transitori, ma se si ripetono ogni anno possono contribuire a un disallineamento tra i ritmi biologici e quelli sociali», osserva Andrea Romigi, neurologo del Neuromed.
Un equilibrio da proteggere
La revisione mette in evidenza come la sincronizzazione tra luce, orologio biologico e attività quotidiane sia essenziale per il benessere psico-fisico. Gli autori sottolineano la necessità di approfondire le ricerche con studi più ampi e metodologie standardizzate, in grado di chiarire gli effetti a lungo termine. In un’epoca dominata da connessioni continue, luce artificiale e stress cronico, il sonno appare sempre più come un bene fragile e sottovalutato. «Dormire non è tempo perso, ma tempo ritrovato», ricorda Barbanti. Un invito a restituire al corpo e al cervello la lentezza che la vita quotidiana tende a negare.
