Turni notturni: i rischi per la salute degli infermieri

Secondo Nursing Up, turni consecutivi e carenze di personale stanno aggravando le condizioni psico-fisiche degli operatori sanitari.
infermieri e turni

Il sindacato degli infermieri Nursing Up ha diffuso una nota in cui segnala un utilizzo sempre più frequente di turni notturni consecutivi tra gli infermieri italiani, spesso accompagnati da periodi di pronta disponibilità e riposi ridotti. La situazione sarebbe una conseguenza della cronica carenza di personale, che in Italia supererebbe le 175.000 unità rispetto agli standard europei.

Secondo il sindacato, in molti ospedali si registrano casi di due o tre notti consecutive di lavoro per singoli operatori, seguite da periodi di riposo inferiori a quanto previsto formalmente. “Sulla carta, le 11 ore di riposo ci sono. Ma in realtà stai a casa 6-7 ore, dormi 3 se ti va bene, e poi torni dentro” si legge in una delle testimonianze raccolte.

Studi scientifici sui rischi del lavoro notturno

A supporto della propria denuncia, Nursing Up cita diversi studi scientifici internazionali che collegano il lavoro notturno prolungato a effetti negativi sulla salute degli operatori. Secondo una ricerca pubblicata su Occupational and Environmental Medicine, gli infermieri che lavorano su turni notturni da oltre dieci anni mostrerebbero un deterioramento delle funzioni fisiche e mentali paragonabile a quello di persone con sei anni in più.

Altri dati provengono dallo Nurses’ Health Study di Harvard, che avrebbe riscontrato un accorciamento dei telomeri del 15-20% nei professionisti sanitari con lunga esposizione al lavoro notturno, equivalente a un’età biologica avanzata di 7-9 anni. Il Karolinska Institutet, in Svezia, riporta una riduzione di 6-7 anni nell’aspettativa di vita libera da malattia per la stessa categoria. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inoltre classificato il lavoro notturno come “probabilmente cancerogeno”.

La normativa e le eccezioni nella pratica

Dal punto di vista normativo, la Direttiva europea 2003/88/CE, recepita nel contratto nazionale della sanità pubblica, stabilisce un riposo minimo di 11 ore tra un turno e l’altro. Tuttavia, non esistono limiti specifici sul numero di notti consecutive lavorabili, e secondo Nursing Up questa lacuna contribuirebbe a situazioni critiche nei reparti.

Il sindacato segnala anche un uso esteso della pronta disponibilità, che da misura straordinaria sarebbe diventata prassi in molte strutture. Il limite contrattuale è di 7 turni mensili per operatore, ma secondo la nota sindacale in diverse aziende sanitarie nel 2023 si sarebbero verificati casi di 15 turni mensili. Il compenso per ogni turno di reperibilità, pari a circa 20 euro lordi, è considerato “non aggiornato da decenni” dal sindacato.

Il rapporto tra carichi di lavoro e sicurezza

La questione si estende anche alla sicurezza delle cure. L’OMS fissa a 6 il numero massimo di pazienti gestibili in sicurezza da un singolo infermiere. In diversi pronto soccorso italiani, secondo quanto riportato nella nota, si registrerebbero picchi di 10-13 pazienti per infermiere, soprattutto nei periodi estivi.

Crescono le dimissioni volontarie

Nel 2024, secondo i dati diffusi da Nursing Up, oltre 20.000 operatori sanitari dell’area non medica avrebbero rassegnato le dimissioni. Molti di loro, si legge, avrebbero scelto di trasferirsi all’estero, altri di passare al settore privato o di abbandonare del tutto la professione.

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