di Maurizio Ferri Coordinatore scientifico Società Italiana di Medicina Veterinaria Preveniva (SIMeVeP)
L’infezione da virus influenzali di tipo A è una zoonosi che rappresenta una seria minaccia per la sanità pubblica. Il secolo scorso ha visto quattro pandemie di influenza A umana. Si trattava di Spagnola H1N1, Asiatica H2N2, Hong Kong H3N2 e Suina H1N1), tutte originate dal riassortimento genetico tra ceppi influenzali umani, animali e aviari. I virus influenzali A hanno un genoma segmentato, composto da otto segmenti di RNA. Quando due diversi virus influenzali infettano contemporaneamente la stessa cellula ospite, i segmenti genomici possono essere scambiati durante l’assemblaggio di nuovi virioni. Gli ospiti sono spesso suini o polli, definiti vessel mixing o ospiti di ricombinazione.
Questo processo è noto come riassortimento genetico (antigenic shift). Dal 2013, l’emergenza di nuovi virus aviari capaci di infettare l’uomo dimostra la continua capacità di questi patogeni di superare la barriera di specie e adattarsi ai mammiferi. Il virus H7N9 ha causato oltre 1500 casi umani confermati. Questi nuovi virus sono: H7N9, H5N6, H10N8 e, più recentemente, H3N8. La continua emergenza di questi virus e la capacità di superare con successo la barriera di specie ed adattarsi ai mammiferi e all’uomo sottolinea l’aumento del rischio pandemico. Ne è un esempio l’allarmante circolazione del sottotipo H5N1. Da marzo 2024 si è dimostrato trasmissibile ai bovini e all’uomo: 70 casi principalmente tra quelli esposti a vacche da latte infette negli Stati Uniti. Oltre a questi, anche a diversi mammiferi terrestri e marini. Non ci sono prove di trasmissione da uomo a uomo.
Virus H9N2: Rischio Diretto e Ruolo di “Incubatore Genetico”
I ricercatori monitorano con attenzione l’evoluzione del ceppo H9N2, un virus influenzale a bassa patogenicità che circola in modo stabile ed endemico nel pollame domestico. In particolare, circola in Cina e in Asia dalla metà degli anni ’90. Questo sottotipo ha causato infezioni nei volatili selvatici e nell’industria avicola anche in Europa, Nord Africa e America. H9N2 ha una bassa patogenicità negli uccelli e il pollame infetto è spesso subclinico (con pochi o nessun sintomo), ma può comunque diffondere il virus. H9N2 è il secondo ceppo più comune di influenza aviare nell’uomo dopo H5N1 con 173 infezioni segnalate dal 1998, prevalentemente in Cina. Per l’ampia diffusione in tutta l’Eurasia e la capacità di causare infezione diretta nei mammiferi e nell’uomo, l’H9N2 è considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dalla comunità scientifica un virus di interesse pandemico primario e possibile candidato per la prossima pandemia influenzale.
Si ritiene che le infezioni umane da H9N2 siano ampiamente sottostimate rispetto ai casi clinici ufficialmente notificati, in quanto provocano malattia lieve, subclinica o asintomatica nelle persone, o perché le persone vengono più comunemente sottoposte a test per l’H5N1. Manca dunque una sorveglianza mirata. Ciò è supportato da studi retrospettivi condotti in Cina che suggeriscono che l’infezione umana sia molto più comune di quanto si pensi con una sieroprevalenza superiore al 10% in popolazioni professionalmente esposte (es. lavoratori del settore avicolo) e in coloro che sono a stretto contatto con il pollame vivo. Rapporti recenti indicano un numero crescente di casi umani, suggerendo un maggiore adattamento virale agli ospiti mammiferi. Questo continuo spill over non rilevato è un fattore chiave che aumenta il rischio di adattamento del virus all’uomo e, di conseguenza, il potenziale pandemico.
I ceppi H9N2 sono particolarmente efficaci nel donare i loro geni interni (soprattutto del complesso della polimerasi PB2, PB1, PA che regolano la replicazione virale) ad altri sottotipi aviari, come H5N1, H7N9 e H10N8 responsabili di gravi infezioni umane e con maggiore letalità facilitando di fatto il salto di specie e aumentando notevolmente il rischio che emerga un nuovo virus pandemico con elevata trasmissibilità e virulenza. Il principale fattore di rischio pandemico associato al sottotipo H9N2 non è tanto la malattia che causa direttamente nell’uomo (spesso lieve), quanto il suo potenziale come “incubatore genetico” per virus più pericolosi favorito dalla sua endemizzazione nel pollame, che costituisce l’ambiente ideale in cui diversi sottotipi virali possono scambiare segmenti genici.
Maggior adattamento all’uomo e sottostima di H9N2
Le recenti analisi genetiche e funzionali indicano il virus H9N2 con l’alta frequenza di ricombinazione genetica sta evolvendo attivamente verso una maggiore affinità e replicazione nelle cellule umane con il rischio di una maggiore patogenicità e trasmissibilità. Molti ceppi H9N2 circolanti possiedono mutazioni che aumentano la capacità di legarsi ai recettori dell’acido sialico (alpha 2,6-associati) tipici del tratto respiratorio umano, un passo cruciale per la trasmissione interumana.
Gli scienziati devono ancora trovare prove della trasmissione interumana del virus H9N2, che sarebbero necessarie affinché si verifichi una pandemia. Il primo lavoro che ha evidenziato il potenziale di replicazione e trasmissione in modelli di mammiferi del sottotipo H9N2 dal titolo ‘Is H9N2 avian influenza virus a pandemic potential’ pubblicato nel 2009. Un altro riferimento chiave è la review “Human-infecting influenza A (H9N2) virus: A forgotten potential pandemic strain?” pubblicata nel 2020 che riassume gli aggiornamenti sulle infezioni umane da H9N2, evidenziando la necessità di strategie preventive.
Per valutare se i virus H9N2 contemporanei hanno acquisito un maggiore adattamento umano. Un nuovo studio ha confrontato un isolato H9N2 umano del 2024 con un isolato umano storico del 1999. L’isolato H9N2 2024 si è replicato in modo più efficiente del ceppo del 1999. Ciò è avvenuto sia nelle cellule MDCK (cellule del tubulo renale canino) che negli organoidi respiratori umani. È stato fatto riflettendo un miglior adattamento all’ospite umano, mentre il ceppo più vecchio non è riuscito a replicarsi negli organoidi. Il virus contemporaneo ha mostrato un tasso di infezione più elevato sia nelle cellule ciliate che in quelle non ciliate. Inoltre, ha dimostrato una maggiore affinità per i recettori dell’acido sialico collegati a α2,6 tipici delle vie aeree umane.
Secondo i ricercatori il virus dovrebbe subire diverse altre trasformazioni prima di poter causare una trasmissione interumana. In particolare, deve modificarsi per legarsi preferenzialmente ai recettori umani invece che a quelli presenti negli uccelli. Inoltre, deve adattarsi alla sua capacità di crescita a temperature e livelli di pH diversi da quelli degli uccelli.
L’analisi genomica ha rivelato molteplici sostituzioni di aminoacidi adattivi ai mammiferi nei geni del complesso emoagglutinina e polimerasi.
L’analisi comparativa della sequenza di oltre 14.000 ceppi di uccelli e 96 ceppi umani di H9N2 di GISAID ha confermato che tali marcatori di adattamento dei mammiferi sono diventati sempre più diffusi nei recenti isolati umani. Un articolo recente pubblicato su Nature ad ottobre 2025 mette in guardia sul fatto che il ceppo, spesso ignorato perché causa una malattia lieve negli uccelli, stia sviluppando un’infettività più forte per l’uomo.
Efficacia vaccinale e urgenza di contenimento
Questi studi così come quelli più recenti sottolineano la necessità di intensificare la sorveglianza globale e di sviluppare nuovi vaccini. Questi devono indurre non solo risposte umorali, ma anche immunità cellulare e mucosale per contenere la trasmissione del virus H9N2 nel pollame. In questo modo è possibile ridurre il rischio di un evento pandemico. Come anticipato il potenziale pandemico di H9N2 è elevato a causa della sua capacità di riassortimento, della maggiore capacità di legame con i recettori umani, della vasta rete di trasmissione e dello spettro di ospiti in espansione.
È dunque urgente contenere l’H9N2 a livello globale intensificando le attività di sorveglianza tra i mammiferi a stretto contatto con uccelli selvatici o pollame e comunicazione sui rischi dell’influenza aviaria. Una maggiore sorveglianza aiuterebbe gli scienziati a capire se il virus si è adattato a mammiferi diversi dall’uomo. Parte del problema è che i paesi non sono tenuti a segnalare le infezioni causate da ceppi considerati a bassa patogenicità, come l’H9N2.
In Cina sono stati autorizzati diversi vaccini a virus intero inattivato (WIV) per il pollame. Sono disponibili vaccini monovalenti, trivalenti e tetravalenti. Nonostante gli intensi programmi di vaccinazione, la circolazione nazionale dell’H9N2 non è stata interrotta. L’efficacia è bassa in diversi Paesi. Ciò è attribuito in parte alla costante variazione genetica e antigenica del virus.
I vaccini WIV inducono principalmente una risposta immunitaria umorale, insufficiente a produrre un’immunità sterilizzante contro un virus che infetta le superfici mucosali. La prevenzione poggia anche sullo sviluppo di nuovi vaccini capaci di indurre non solo risposte umorali, ma anche risposte delle cellule T e immunità mucosale per prevenire la trasmissione virale.
di Maurizio Ferri Coordinatore scientifico Società Italiana di Medicina Veterinaria Preveniva (SIMeVeP)
