Le sfide e le richieste delle associazioni per le disabilità

In una tavola rotonda alla Camera dei deputati sono stati portati appelli e critiche al Governo, reo di non dare sufficiente supporto a chi soffre di disabilità
In una tavola rotonda alla Camera dei deputati sono stati portati appelli e critiche al Governo, reo di non dare sufficiente supporto a chi soffre di disabilità

In occasione della giornata mondiale della disabilità si è svolta ieri presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio una tavola rotonda per discutere del tema della disabilità nel nostro Paese e delle sfide che pazienti, familiari e associazioni devono affrontare. Lorenzo Fontana, Presidente della Camera dei deputati, ha aperto i lavori dichiarando che «superare la visione della disabilità come limite e difetto è il compito della politica e della nostra società». Inoltre, ha lodato i componenti dei Ladri di Carrozzelle, un complesso musicale rock italiano, formatosi a Roma nel 1989 che al suo interno vede componenti affetti da svariate disabilità, fisiche o cognitive. Il gruppo, con il suo sound particolarmente vivace e contagioso, ha raccolto un gran successo fra la platea e i complimenti del Presidente della Camera. Fontana, infatti, lo ha lodato aggiungendo che il loro è un «messaggio potente ma carico di speranza: che di fronte a ogni difficoltà si può creare sorrisi ed esprimere i propri talenti».

L’On. Ilenia Malavasi, che ha organizzato il convegno, ha introdotto l’iniziativa sottolineando l’insegnamento che i ragazzi affetti da disabilità lanciano al mondo: «L’importante non è quello che ti manca ma quello che si fa con quello che si ha». A questo ha ribadito: «La disabilità non può essere una sfida da combattere nel silenzio e l’inclusione non può essere lasciata alle singole persone o territori. Deve essere una responsabilità sociale e collettiva e per questo motivo le politiche devono essere all’altezza affinché tutti abbiano la possibilità di condurre una vita piena, indipendente, realizzata e felice».

Un impegno comune non supportato a dovere

Proprio sul tema di una vita realizzata ha battuto Domenica Taruscio, anch’essa dell’Associazione Giuseppe Dossetti: «Nessuno deve rimanere indietro. Infatti, questo è il motto dell’Agenda 2030. Molto, però, deve essere fatto per quanto riguarda i diritti, che sono necessari per permettere ai cittadini di realizzarsi».

Sul punto di un impegno comune si è spesa Ilaria Ciancaleoni Bartoli, dell’Osservatorio Malattie Rare: «le battaglie sono fatte per essere inclusive, cioè condivise. Io oggi la faccio per te, tu domani me la fai per lui e lui domani la farà a me. Se ognuno fa la propria battaglia, quella che tocca, nessuna battaglia verrà mai vinta ed è per questo che io non dico mai “Qual è il punto di vista di conservatorio malattie rare”. Noi non abbiamo un punto di vista. Il punto di vista è di chi ha un bisogno e ce lo fa presente e noi facciamo da megafono. Che siamo più o meno d’accordo non importa».

Francesca Danese, del Forum Terzo Settore Lazio, ha evidenziato il ruolo del terzo settore, che: «Ha prodotto una registrazione che mi spiace, non sempre ricordate» riferendosi all’On. Malavasi. «La legge 68 del 1999 è stata voluta dalle famiglie delle persone con disabilità. Purtroppo sappiamo che questa legge sull’inserimento lavorativo ancora non viene rispettata. Quindi battiamoci tutti affinché ci sia un inserimento lavorativo vero».

Il tema dei fondi carenti

Silvio Gherardi, dell’Associazione Giuseppe Dossetti, ha tuonato sul tema dei fondi: «Ricordo che il Fondo Nazionale della disabilità è di 10 miliardi e mezzo e poco più di 1 milione è dedicato proprio al contrasto della disabilità stessa. È un dato importante perché non si può fare nulla se non ci sono fondi adeguati». Rivolgendosi all’On. Malavasi ha concluso: «Mi ha un po’ meravigliato vedere che per il contrasto all’immigrazione sono stati stanziati 2 miliardi. Non voglio fare politica, però credo che uno stato debba valutare le sue priorità».

Valentina Valenti, appartenente a Valentina Associazione per l’assistenza ai tetraplegici, ha fatto l’intervento maggiormente di rottura. La sua è stata una denuncia: «Nel 1998 abbiamo presentato un disegno di legge per colmare il vuoto costituzionale che esiste, perché ad oggi le persone con disabilità sono state sempre trattate al pari di coloro che non le hanno. Se per anni la disabilità gravissima costava €10.000 al mese, come pensate che adesso possa costare solo €1300? I comuni hanno possibilità di spesa in base al bilancio, ma la dignità, la vita e il diritto dell’individuo non vanno al bilancio dello Stato. E allora così come si finanziano le armi, bisogna finanziare la vita».

Rimettere la persona al centro

Mario Barbuto, dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, ha messo luce sulla necessità di un nuovo approccio culturale. Troppo spesso, ancora oggi, quando un individuo con disabilità entra in una stanza cala il silenzio. Questo accade «perché non c’è ancora quella grande rivoluzione culturale che renda questa presenza una normalità. Sapete queste persone cosa chiedono? Una cosa semplice: la normalità». In aggiunta, ha sottolineato il fatto che «le disabilità non sono un insieme indistinto. Le varie disabilità hanno un tema comune: quello dei diritti e oggi è stato affermato in modo forte. Tuttavia, ognuna ha delle peculiarità e declinazioni che devono essere rispettate. Mettere la persona al centro significa fare farsi carico delle esigenze della persona che non sono uguali per tutti».

A supportare questa call to action Stefano Maiandi, del Fondo Italiano Abbattimento Barriere Architettoniche: «dobbiamo togliere il principio di diversità: le persone devono essere messe al centro. Il governo sta facendo delle proposte e delle attuazioni che sono positive, però non bastano. Non bastano perché, come è stato detto, dobbiamo far diventare il diritto della persona con disabilità più di un conto economico».

Esempi di lotte quotidiane

Andrea Vianello, dell’Associazione Lotta all’Ictus Cerebrale, ha portato l’esempio di come combattere una condizione di disabilità. «L’ictus colpisce mentre noi stiamo facendo le nostre vite con tutti i guai o le bellezze che le scandiscono. Cadiamo improvvisamente in un buco nero da cui però possiamo uscire. L’ictus, non si può curare ma lo si può gestire e, nonostante tutto, l’anima la lascia intaccata. La riablitazione è vita. Io faccio riabilitazione ancora oggi dopo 7 anni dal mio ictus e miglioro».

Successivamente, Marcello Bettuzzi della Federazione Italiana Malattie Rare ha messo i riflettori sulle malattie rare, che colpiscono due milioni di pazienti. «Chi ha una malattia rara sa di avere una condizione per cui non c’è cura e vive con questo peso psicologico. Il problema principale delle malattie rare, però, è la diagnosi. Talvolta ci vogliono addirittura anni per diagnosticare alcune patologie rare e la fatica, il peso della ricerca e del risultato finale spesso solo sulle spalle della famiglia».

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di Arrigo Bellelli

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