Uscito uno studio sull’interazione delle nanoparticelle con i polmoni

Un team internazionale di ricercatori ha utilizzato la microspia correlativa per indagare il potenziale infiammatorio delle nanoparticelle.
Studio interazione nanoparticelle polmoni

Negli ultimi anni, l’esposizione a particelle ultrafini e nanomateriali ingegnerizzati ha suscitato crescente preoccupazione per i potenziali effetti negativi sulla salute umana, in particolare per quanto riguarda le vie respiratorie. Le nanoparticelle sono materiali ultrafini di dimensioni inferiori ai 100 nanometri, circa mille volte più sottili di un capello umano. Ad esempio, sono presenti nello smog creato dal trasporto, la cui incidenza a livello mondiale è stimata sulle sette milioni di vittime. Per questo motivo è stato creato uno studio sull’interazione delle nanoparticelle con i polmoni. Tra i materiali maggiormente diffusi e studiati si trova il biossido di titanio (TiO₂), spesso utilizzato nella forma di nanotubi (TiO₂ NTs). Questi sono caratterizzati da un’elevata area superficiale e una geometria ad alto rapporto di forma.

L’approccio sperimentale

Comprendere i meccanismi precoci con cui tali nanoparticelle interagiscono con i tessuti polmonari diventa quindi cruciale per valutare i rischi e sviluppare strategie di mitigazione. Tuttavia, studiare questi fenomeni richiede tecnologie avanzate in grado di osservare contemporaneamente struttura e funzione a scala nanometrica. In questo contesto, lo studio propone un innovativo approccio sperimentale basato su un ciclo di microscopia correlativa multimodale ad alta risoluzione.

L’approccio integra diverse tecniche complementari, tra cui:
– Microscopia a fluorescenza confocale (CLSM);
– Microscopia a durata di vita della fluorescenza (FLIM) e imaging iperspettrale (fHSI);
– Microscopia elettronica a scansione (SEM) e microscopia a ioni di elio (HIM);
– Micro-fluorescenza a raggi X (SR-μXRF).

Questa combinazione consente una visione completa delle interazioni tra TiO₂ NTs e cellule epiteliali polmonari. Per la sperimentazione sono state utilizzate cellule LA-4, coltivate su substrati compatibili, esposte a TiO₂ NTs funzionalizzati e analizzate con dosi realistiche secondo normative europee.

I risultati della ricerca

Sono diversi i risultati dello studio sull’interazione delle nanoparticelle con i polmoni. L’applicazione della pipeline multimodale ha permesso di osservare fenomeni significativi relativi alle risposte cellulari precoci. Innanzitutto, è stato osservato il legame tra TiO₂ NTs e DNA cellulare tramite un fenomeno di trasferimento di energia di fluorescenza. Questo è stato successivamente confermato da SEM e μXRF, i quali mostrano un accumulo di DNA e sodio nelle vescicole extracellulari. Ciò può portare alla compromissione dell’omeostasi e potenziali effetti genotossici. In secondo luogo, si è rilevata la formazione di strutture filamentose cariche negativamente, associate ad accumulo di Na⁺, compatibili con eparan solfato e indicanti attività pro-infiammatoria.

Un terzo aspetto concerne l’alterazione dell’omeostasi del ferro, con rilascio extracellulare tramite compositi TiO₂ potenzialmente correlato a meccanismi di protezione cellulare ma anche a stress ossidativo. Infine, gli studiosi hanno osservato la formazione di una rete fibrosa simile alla fibrina sopra i compositi, probabilmente correlata alla secrezione di TNF-α e fibrinogeno. Il TNF-α è una proteina segnale prodotta principalmente dai macrofagi. Questo fenomeno richiama le fasi iniziali dell’infiammazione acuta.

Conclusioni e limitazioni

Il lavoro fornisce nuove evidenze sui meccanismi cellulari attivati dai TiO₂ NTs, osservando:
– Legame diretto al DNA e interferenze nei processi vitali;
– Formazione di microambienti infiammatori;
– Alterazione dell’omeostasi ionica e del ferro;
– Stimolazione di reti fibriniche con implicazioni infiammatorie.

Il metodo sperimentale impiegato rappresenta un passo avanti nella comprensione delle interazioni nanobio, applicabile ad altri materiali. Tuttavia, presenta limiti legati alla bassa produttività, alla complessità del campionamento e alla potenziale introduzione di artefatti. Gli autori suggeriscono l’automazione e la standardizzazione dei protocolli per estendere l’approccio a studi di più ampia scala.

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