Con circa 30.000 minori bisognosi di cure palliative in Italia, di cui oltre 11.000 necessitano di un supporto specialistico, il Parere “Cure Palliative Pediatriche: una urgenza” pubblicato dal Comitato Nazionale per la Bioetica (Cnb) mette in evidenza una realtà ancora fortemente inadeguata. Il documento richiama l’attenzione su un settore troppo spesso trascurato, nonostante il quadro normativo, in particolare la Legge 38/2010, garantisca il diritto dei minori all’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.
Disparità territoriali e discontinuità assistenziale
Uno dei principali problemi rilevati riguarda la disomogeneità nella distribuzione dei servizi: in almeno cinque regioni italiane non esistono centri specializzati per l’assistenza pediatrica palliativa. Secondo i dati riportati nel Parere, solo il 26% dei minori che avrebbero diritto a queste cure le riceve effettivamente. La carenza di strutture si traduce in disuguaglianze concrete, con famiglie costrette a spostarsi o a rinunciare a percorsi di cura adeguati. Anche la transizione all’età adulta rappresenta un punto critico: molti pazienti si trovano senza un accompagnamento strutturato nel passaggio ai servizi per adulti, con il rischio di interruzioni nell’assistenza e nella continuità relazionale con l’équipe curante.
Una questione anche culturale
Il Parere evidenzia una resistenza culturale diffusa, che ostacola l’attivazione tempestiva delle cure palliative. Il termine stesso è spesso associato, erroneamente, all’idea di rinuncia, piuttosto che a un approccio attivo di presa in carico globale del bambino e della sua famiglia. In parallelo, emerge una carenza di formazione specifica per gli operatori sanitari, non solo sul piano clinico, ma anche sul versante comunicativo, relazionale ed etico. Il dolore nei minori, pur ampiamente documentato, viene ancora sottovalutato o trattato in modo inadeguato. Permangono timori sull’uso di analgesici, soprattutto oppioidi, e mancano strumenti sistematici per valutare il dolore nei bambini non comunicanti o con disabilità cognitive.
Il ruolo del minore e la gestione del consenso
Una parte significativa del documento è dedicata al tema della partecipazione del minore alle scelte di cura. Il Comitato sottolinea che l’assenso del bambino o dell’adolescente, in base alla sua maturità, va considerato parte integrante del processo decisionale, non solo come elemento formale. Nei casi di conflitto tra genitori ed équipe o tra familiari, si raccomanda l’attivazione di strumenti strutturati di mediazione, come gli “spazi etici”, per evitare che il ricorso al giudice tutelare diventi l’unica via di uscita.
Proposte operative
Tra le raccomandazioni principali, il Parere del Comitato individua dieci azioni prioritarie: dalla creazione di reti regionali integrate alla valorizzazione degli hospice pediatrici, passando per la formazione mirata degli operatori, il monitoraggio delle disuguaglianze regionali e la promozione di una diversa cultura del prendersi cura. Particolare attenzione è rivolta anche ai fratelli e sorelle dei pazienti, spesso esclusi dai percorsi di sostegno, e alla necessità di garantire continuità assistenziale anche nei passaggi di età e nelle fasi più critiche della malattia.
