Diabete: lo sport come arma decisiva per la prevenzione

Secondo i nuovi dati Istat, praticano sport quasi 4 italiani su 10. Crescono le donne ma cala la partecipazione dopo i 24 anni. Al Foro Italico il punto su sport, diabete e salute con FeSDI, Intergruppo parlamentare Obesità e Sport e Salute Spa
Secondo i nuovi dati Istat, praticano sport quasi 4 italiani su 10. Crescono le donne ma cala la partecipazione dopo i 24 anni. Al Foro Italico il punto su sport, diabete e salute con FeSDI, Intergruppo parlamentare Obesità e Sport e Salute Spa

Anche quest’anno FeSDI ha riunito le società scientifiche di diabetologia, SID e AMD, e l’Intergruppo parlamentare “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili”, insieme a Sport e Salute per discutere sul ruolo dello sport come alleato nel contrasto al diabete e, in generale, alle sue cronicità. Secondo i dati dell’International Diabetes Federation, entro il 2045 riguarderà globalmente 1 adulto su 8. E nel nostro Paese interessa oltre 4 milioni di persone, destinata a estendersi fino al 10% della popolazione entro il 2040.

Così le sane abitudini di vita rappresentano un baluardo fondamentale di prevenzione e contrasto al diabete, come si evince nel protocollo d’intesa per la promozione di sani stili di vita e la sensibilizzazione sulla prevenzione del diabete e dell’obesità nelle città firmato da Sport e Salute SpA, FeSDI e dai rappresentanti degli Intergruppi Parlamentari “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili” e “Qualità di vita nelle città”.

I dati Istat sulla pratica sportiva in Italia

Sono 21,5 milioni le persone che hanno praticato sport nel 2024 in Italia, pari al 37,5% della popolazione dai 3 anni in su. Di questi il 28,7% pratica sport con continuità mentre solo l’8,7% saltuariamente. Il 43,4% degli uomini pratica sport contro il 31,8% delle donne, con un gap di genere che era pari a quasi 17 punti nel 1995 e scende a 11,6 punti nel 2024.

In crescita lo sport negli anziani: fra i 65-74 anni gli sportivi sono il 23,3%. Un dato rilevante è anche quello dato dal tessuto socioculturale: solo il 6,1% con licenza elementare e il 17,3% con licenza media fa sport, contro il 55% dei laureati. Tali differenze influenzano la pratica sportiva in tutte le fasce d’età. Con il passare degli anni, infatti, la pratica sportiva tende a diminuire per tutti.

L’importanza della promozione dello sport

«Il diabete comporta gravi ripercussioni sulla qualità della vita di chi ne è affetto, e dei suoi famigliari, oltre che un impatto importante sull’economia del Paese, con costi diretti e indiretti legati alla perdita di produttività. Come Intergruppo parlamentare siamo fortemente impegnati, oltre che nell’iniziativa legislativa, nel mettere il tema al centro dell’agenda politica secondo un approccio olistico e multisettoriale, volto a garantire alle persone con diabete gli stessi diritti delle persone sane, portando avanti un’alleanza tra tutti i soggetti coinvolti e promuovendo a tutti i livelli di governo la cultura dei sani stili di vita, dell’attività fisica e della prevenzione» dichiara l’On. Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili e Vicepresidente Anci.

Diabete e sport: uno stigma ancora vivo

Inoltre, il binomio diabete e sport in Italia soffre di un grave stigma verso gli atleti con diabete, alimentato da un Regio decreto del 1932 che ne impedisce l’arruolamento nei corpi militari e l’accesso ai gruppi sportivi militari. Una norma ormai anacronistica, che ignora i progressi scientifici e l’efficacia delle cure attuali.

Due atleti azzurri, la mezzofondista Anna Arnaudo e lo schermidore Giulio Gaetani, sono diventati i simboli di questa battaglia di civiltà: nonostante il diabete, eccellono nelle loro discipline e chiedono il superamento di questa discriminazione. Arnaudo denuncia il rischio di trasmettere un messaggio sbagliato, in quanto lo sport è fondamentale per chi ha il diabete. Gaetani, inoltre, sottolinea come l’esclusione dai gruppi sportivi militari impedisca agli atleti diabetici di professionalizzarsi pienamente, privandoli di sostegno economico e opportunità competitive.

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di Carlotta Ferrante

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