È nata un’iniziativa popolare per l’educazione alimentare a scuola

Secondo i dati della sorveglianza PASSI 2022-2023, il 46,3% degli adulti italiani tra i 18 e i 69 anni è in eccesso di peso: il 34,6% in sovrappeso e l’11,8% obeso. La proposta dell'Associazione Longaevitas per promuovere l'educazione alimentare nelle scuole.
educazione alimentare a scuola
Salvatore Latino

L’Associazione di Promozione Sociale Longaevitas ha lanciato l’iniziativa di legge popolare per l’introduzione dell’insegnamento dell’Educazione alimentare, ambientale e agli stili di vita sani nelle scuole, enti di istruzione e formazione di Forze Armate, Forze di Polizia e di pubblico soccorso. I promotori con questa proposta intendono contribuire a costruire un’istruzione integrata, incentrata sulla persona, il cibo, l’ambiente e la qualità della vita. L’educazione alimentare a scuola contribuirebbe formare cittadini consapevoli e che sappiano come contrastare i disturbi nutrizionali, sempre più comuni. Longaevitas ha strutturato la sua idea incentrandola su tre tipi di educazione differenti:

Alimentare, che insegna a scegliere il cibo con intelligenza, a conoscere la dieta mediterranea, a prevenire disturbi alimentari, obesità e malattie croniche.

alla Sostenibilità Ambientale, che rafforza la consapevolezza ecologica, promuove pratiche sostenibili e rispetto per la biodiversità.

agli Stili di Vita Sani, che stimola l’attività fisica, il benessere mentale e relazionale, la responsabilità verso sé e gli altri.

Per i firmatari l’iniziativa è un investimento nella salute pubblica, nella cultura del cibo, nell’equilibrio tra persona e pianeta. Non tratta solo la prevenzione sanitaria, ma si allarga anche a cultura, sostenibilità, dignità e sviluppo economico. Diffondere la cultura della prevenzione sin da piccoli, migliora la vita e rende il sistema più sostenibile. L’associazione ha sede a Roma promuove stili di vita sani e sostenibili, coadiuvata da esperti in nutrizione, medicina e sostenibilità. Abbiamo raggiunto il Presidente Salvatore Latino per capire i motivi che rendono necessaria questa proposta di legge popolare.

Perché proponete di entrare nelle scuole con questa proposta di legge popolare?

Perché la scuola è il luogo in cui si forma la coscienza civica, sociale e personale di ogni cittadino. E la salute, oggi, non può più essere lasciata fuori dalla porta. L’educazione alimentare, agli stili di vita sani e alla sostenibilità ambientale non deve essere un tema “extra”, ma un diritto formativo fondamentale. Introdurre questi insegnamenti nel percorso scolastico significa prevenire, formare e responsabilizzare le nuove generazioni, offrendo loro strumenti per vivere meglio e più a lungo. Non vogliamo sostituirci a nessuno, ma affiancare la scuola e lo Stato in un compito che riguarda il benessere collettivo. Partire dal basso aggiunge valore alla nostra mozione perché in democrazia la partecipazione attiva del cittadino è centrale.

Quali sono i fenomeni, alimentari e non, che intendete contrastare?

Parliamo di obesità infantile, che in Italia riguarda il 41% dei bambini e ragazzi, sommando sovrappeso e obesità. Parliamo di malnutrizione, sia per eccesso sia per difetto, e della sedentarietà, che oggi è tra le prime cause di insorgenza di malattie cronico-degenerative. Ma anche di cattiva informazione, abitudini scorrette, sprechi alimentari, consumo inconsapevole, e disconnessione tra scelte personali e impatto collettivo. Educare significa agire in modo sistemico, anticipando i problemi e costruendo una cultura del benessere a partire dai giovani.

Ci sono iniziative simili in giro per il mondo da cui avete preso spunto o vi fanno sentire sicuri sulla loro efficacia?

Sì. In diversi paesi esistono programmi educativi istituzionali che hanno mostrato risultati significativi. Penso al Regno Unito dove il National Health Service ha lanciato nel 2009 Change4Life. Il programma, rivolto a famiglie e scuole per promuovere una vita più attiva e una dieta sana, è stato integrato nel curriculum scolastico e ha dimostrato di influenzare positivamente le abitudini alimentari dei bambini e delle famiglie. In Francia Santé Publique France sostiene l’iniziativa École Manger Bouger che collega scuola, famiglia e sanità. Il fine è quello di migliorare le abitudini alimentari e aumentare l’attività fisica attraverso percorsi scolastici strutturati.

Per fare un esempio molto simile al nostro in Finlandia dal 2004 la salute è stata introdotta proprio come materia scolastica autonoma, con un approccio trasversale e scientifico. Diversi studi nel tempo hanno evidenziato un calo dei tassi di obesità infantile e una maggiore consapevolezza nei giovani finlandesi su queste tematiche. Questi esempi mostrano come la scuola possa diventare un motore reale di cambiamento, se supportata da contenuti accessibili, continuità e sinergia istituzionale.

Come ritiene la cultura della prevenzione in Italia?

La cultura della prevenzione in Italia presenta ancora significative criticità. Le istituzioni negli ultimi anni hanno aumentato gli sforzi in termini di comunicazione e sensibilizzazione, ma spesso questi interventi restano limitati a campagne informative. Per essere realmente efficaci, tuttavia, non basta informare: occorre anche formare e addestrare i cittadini, in modo continuativo e strutturato, fin dai banchi di scuola.

Oggi, su tematiche cruciali come la corretta alimentazione e gli stili di vita sani, il nostro Sistema Sanitario Nazionale non è ancora in grado di garantire un’efficace azione preventiva. Questo non per mancanza di volontà, ma perché spesso anche i professionisti sanitari non hanno ricevuto una formazione specifica su questi argomenti. Nella maggior parte dei corsi di laurea in medicina, le materie legate alla nutrizione, alla prevenzione alimentare e all’educazione agli stili di vita sono ancora marginali o assenti.

Eppure, è sempre più evidente che il cibo può essere il nostro miglior alleato nella prevenzione delle malattie. Per questo motivo è fondamentale integrare competenze sulla sana alimentazione e sullo stile di vita in tutti i livelli dell’educazione, dalla scuola primaria fino alla formazione universitaria e professionale. Solo così sarà possibile costruire una vera cultura della prevenzione, che metta al centro il benessere della persona e la sostenibilità del sistema sanitario.

È possibile avere un’idea dell’impatto della legge in caso venisse approvata e messa in atto? Ad esempio in termini di riduzione dei costi sanitari legati a malattie croniche evitabili?

Sì. I dati mostrano che investire in educazione e prevenzione ha un impatto concreto e positivo. L’educazione precoce alla salute riduce l’incidenza di patologie croniche evitabili come diabete, ipertensione, obesità e malattie cardiovascolari. I cambiamenti comportamentali migliorano la qualità della vita e favoriscono un invecchiamento sano. Studi internazionali e fonti OCSE attestano gli impatti economici positivi delle politiche di prevenzione efficaci, che possono i costi sanitari futuri fino al 10%. Apparentemente il 10% di risparmio può sembrare poco ma invece è tantissimo: sono circa 7 miliardi di euro. L’impatto, quindi, anche se non facile da stimare è significativo, per non parlare della produttività che non viene persa tramite periodi di malattia.

Inoltre, la nostra proposta è attuabile senza costi aggiuntivi per lo Stato, ma con risorse e competenze già disponibili, attraverso una collaborazione tra scuola e professionisti della salute. Si tratta di un investimento culturale strutturale, che genera benefici nel tempo e valorizza anche il nostro patrimonio agroalimentare.

Perché muoversi attraverso una proposta di legge popolare visto che è tutt’altro che scontato raggiungere il quorum di firme?

Abbiamo scelto questa strada perché crediamo che la salute non possa più aspettare i tempi della politica. E vogliamo che questa iniziativa sia un gesto collettivo, un’azione concreta e partecipata, in cui cittadini, scuole, medici, famiglie e imprese possano sentirsi parte attiva. Non ci stiamo limitando a chiedere: stiamo costruendo un movimento culturale che parte dal basso e arriva in alto.

In un contesto politico dove spesso le iniziative educative sono terreno di scontro ideologico, come garantirete che questa proposta venga percepita come trasversale e di interesse collettivo?

Lo garantiamo scegliendo di non schierarci politicamente, di non delegare, ma di proporre una visione trasversale, scientifica e partecipativa. La nostra è un’associazione apartitica. Il nostro comitato scientifico è formato da esperti riconosciuti, indipendenti. I valori che promuoviamo non hanno colore: salute, consapevolezza, prevenzione, sostenibilità. In questi mesi stiamo già raccogliendo adesioni da medici, insegnanti, associazioni, imprese, genitori, agricoltori e cittadini di ogni orientamento, uniti dalla volontà di migliorare la qualità della vita dei nostri figli e del nostro Paese. È una proposta di buonsenso, fondata su dati oggettivi e su un’urgenza condivisa: insegnare la salute è una responsabilità comune.

Se la vostra proposta non comporta ulteriori costi per il SSN ed è un investimento di sicuro ritorno, cosa potrebbe minare la buona riuscita della proposta?

Guardi, lo diciamo con grande onestà: facciamo davvero fatica a immaginare ostacoli sostanziali a una proposta che ha il sostegno della scienza, della società civile e anche di molte istituzioni. La nostra iniziativa non comporta nuovi oneri né per il Servizio Sanitario Nazionale né per il sistema scolastico, e se lo Stato volesse investire, ci sono dati molto solidi: ogni euro speso in prevenzione può generare fino a 14 euro di risparmio, come ha ricordato anche la Commissione Europea.

Detto questo, siamo consapevoli che anche le buone idee, quando entrano nei percorsi istituzionali, possono incontrare rallentamenti di natura tecnica o organizzativa. Per esempio: dove collocare l’insegnamento? Come strutturarlo? Quali figure professionali coinvolgere? Sono domande legittime, su cui siamo pronti a confrontarci senza nessuna rigidità. Il nostro obiettivo non è imporre un modello, ma raggiungere un risultato condiviso: formare cittadini più consapevoli della propria salute e dell’impatto delle loro scelte quotidiane.

Finora abbiamo registrato una convergenza molto ampia: da associazioni di categoria, professionisti della salute, insegnanti, famiglie, fino alle stesse forze politiche, senza distinzioni ideologiche. La prevenzione, l’alimentazione sana, la sostenibilità ambientale non sono temi di parte: sono beni comuni. E poi c’è un aspetto economico rilevante: una riduzione anche solo del 10% dei costi legati a malattie prevenibili vale circa 7 miliardi di euro di risparmio. Ma al di là dei numeri, parliamo di una società più sana, produttiva e coesa. Per noi, è anche una questione di equità: tutti devono avere accesso a strumenti educativi che permettano di vivere bene e più a lungo. La scuola è il luogo ideale da dove cominciare!

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