In alta quota contro l’asma: la cura integrata nel campus terapeutico pediatrico della Toscana 

“Con questo campus ci auspichiamo che i bambini asmatici facciano un’esperienza normale e che si sentano normali” dicono le dottoresse Mori e Fenu: un progetto pilota in alta quota per migliorare la gestione clinica e la qualità della vita dei piccoli pazienti.
campus asma

Un soggiorno terapeutico in alta quota per bambini con asma e patologie respiratorie croniche in un campus: è l’obiettivo del progetto pilota “Respiriamo la Montagna Insieme”, in programma per la prossima estate alla Doganaccia, tra i 1.400 e i 1.800 metri sull’Appennino toscano. Il campus nasce dall’iniziativa dell’associazione Respiriamo Insieme, con il supporto medico e scientifico dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze

«L’idea è offrire ai bambini affetti da asma una possibilità concreta di migliorare la propria condizione in un contesto controllato e clinicamente valido – spiega la dottoressa Grazia Fenu, pediatra pneumologa del Meyer -. L’asma è la prima malattia cronica in età pediatrica. È una patologia che non ha una cura definitiva, ma solo terapie di controllo, e può avere un impatto profondo sulla qualità di vita, sia dei bambini che delle loro famiglie». 

Montagna e respiro: un binomio efficace 

campus asma
Francesca Mori

Il progetto nasce anche dalla volontà di valorizzare i benefici dell’alta quota, ben noti nella pratica clinica: l’aria più pulita, la minore esposizione agli allergeni, l’assenza di inquinamento e un ambiente psicologicamente stimolante. 

«L’aria di montagna, in particolare in estate, ha caratteristiche che favoriscono il benessere respiratorio. La minore presenza di allergeni, l’aria secca, il clima più stabile e l’ambiente privo di inquinanti contribuiscono a ridurre l’infiammazione bronchiale – spiega la dottoressa Francesca Mori, pediatra allergologa del Meyer -. Non è solo una sensazione soggettiva di miglioramento: abbiamo dati clinici che mostrano effetti positivi anche sulle vie aeree periferiche». 

La Doganaccia è stata individuata come sede ideale per la prima edizione proprio per la qualità ambientale e l’accessibilità. «Questo progetto è un’occasione per riportare in vita un modello di cura integrato in un territorio montano che ha bisogno sia di assistenza sia di presenza – aggiunge Mori -. L’obiettivo è doppio: da un lato supportare i pazienti con strumenti clinici e terapeutici, dall’altro contribuire al ripopolamento e alla valorizzazione di aree interne spesso penalizzate». 

Un progetto clinico e sociale insieme 

Il soggiorno, della durata di due settimane, sarà seguito da specialisti, tra cui allergologi, pneumologi, psicologi e infermieri pediatrici. «Ci teniamo che sia tutto in piena sicurezza: i bambini avranno accanto professionisti preparati, ma vivranno anche momenti di gioco, socialità e autonomia» spiega Fenu. «Non è un ricovero né un campeggio: è un ambiente pensato per il benessere globale del bambino. Vogliamo che l’asmatico si senta un bambino come gli altri». 

Fondamentale sarà anche il coinvolgimento delle famiglie, che avranno momenti dedicati di formazione e confronto. «Crediamo che sia importante sostenere anche i genitori, fornendo loro strumenti per affrontare meglio la quotidianità della malattia. Non solo farmaci e protocolli, ma conoscenze, reti e sicurezza» sottolinea Mori. 

Grazia Fenu

Verso un modello strutturato 

Il progetto, nella sua prima edizione, si basa sulla disponibilità volontaria dei professionisti coinvolti. Ma l’obiettivo è renderlo stabile e integrato nel sistema sanitario. «È essenziale che iniziative come questa non si basino esclusivamente sul volontariato – sottolinea la Dott.ssa Mori -. Ogni volta che un medico lascia la struttura pubblica per partecipare al campus, toglie risorse a un reparto. Se vogliamo che questo progetto cresca, serve una convenzione ufficiale, come già accade per i campus per il diabete». 

Fenu insiste sullo stesso punto: «Quando si parla di salute pubblica, è necessario garantire tutele reciproche. Serve un accordo tra le parti, che permetta di lavorare in sinergia, anche sul piano delle responsabilità legali e assicurative. Solo così possiamo costruire un modello duraturo». 

Anche l’accesso sarà equo: «Grazie all’impegno dell’associazione Respiriamo Insieme, abbiamo fatto in modo che l’iscrizione non dipendesse dalla disponibilità economica delle famiglie», spiega Fenu. «Abbiamo aiutato chi era in difficoltà a compilare i moduli, perché volevamo che fosse davvero aperto a tutti. Non vogliamo creare nuove disuguaglianze». 

Curare il respiro, costruire normalità 

Oltre agli effetti clinici, il progetto punta a migliorare il benessere psicologico dei bambini. «Stare insieme ad altri coetanei con la stessa patologia aiuta a sentirsi meno soli, a normalizzare la propria condizione – osserva Mori -. Il nostro obiettivo non è solo controllare i sintomi, ma anche creare una rete, un senso di appartenenza. È un aspetto fondamentale del percorso di cura». 

La montagna, con i suoi ritmi e il contatto con la natura, è anche un contesto favorevole dal punto di vista emozionale. «Il soggiorno estivo in alta quota permette ai bambini di vivere all’aperto, in ambienti salubri, riducendo anche l’esposizione ai virus. È una somma di fattori che influisce sul benessere complessivo – aggiunge la Dott.ssa Fenu -. La stagionalità, l’ambiente e il contesto del campus determinano un beneficio reale, che va oltre l’intervento medico». 

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