Una governance sanitaria efficace sul territorio garantisce risposte pronte e ben coordinate ai bisogni della popolazione, valorizzando le risorse locali e promuovendo equità, innovazione e integrazione tra i servizi. Mattia Altini, Direttore Generale dell’AUSL di Modena, è alla guida di una realtà attivamente impegnata su più livelli per affrontare le diverse sfide sanitarie. Il suo modello assistenziale prevede un dialogo diretto con la cittadinanza e strumenti a supporto dei professionisti sanitari migliorando l’appropriatezza delle prescrizioni. Il fine è quello di ridurre gli indici di consumo del sistema e creare maggiore valore. Allo stesso tempo, sottolinea come il digitale sia uno strumento efficace ma non il regista del processo di ottimizzazione della sanità.
Dottor Altini qual è la visione che ha portato all’AUSL di Modena dal suo insediamento di questo febbraio?
«I due temi che mi stanno più a cuore da quando mi sono insediato sono: il contrasto alle liste d’attesa e l’aumento dell’appropriatezza». Altini sottolinea come di una corretta prescrizione di farmaci e trattamenti non beneficia solamente il paziente, ma anche il sistema sanitario «che vedrebbe una riduzione degli indici di consumo. La mia esperienza vede una tendenza alla medicalizzazione spinta oltre la sua reale necessità. Ad esempio, sostituiamo sempre di più attività di bassa complessità con interventi di alta che assorbono risorse e non rispondono al bisogno del paziente. La nostra politica, invece, è rivolta all’appropriatezza dei sistemi sanitari e l’attuiamo agendo su più fronti».
«Uno di questi è la comunicazione diretta con i cittadini: quando le persone sono informate sul fatto che non tutti i problemi richiedono esami come la risonanza magnetica, diventano alleati consapevoli nel buon funzionamento del sistema sanitario, contribuendo a ridurre pressioni inutili e a garantire risorse per chi ne ha davvero bisogno. Le campagne di comunicazione non sono ancora partite ma sono di vitale importanza perché l’azione dei cittadini ha un effetto diretto sul consumo sanitario».
«Inoltre, abbiamo un progetto di audit rivolto agli specialisti, permettendogli di verificare il loro profilo di appropriatezza. Gli mostriamo cosa fanno i loro colleghi, anche di altri distretti e Regioni, per fargli capire se c’è un modo più efficace di provvedere al paziente. Il fine è utilizzare al meglio le risorse disponibili, evitando così gli sprechi che possono avere luogo lungo la filiera e l’inflazione sanitaria. Crediamo che questo metodo sia il modo nuovo di interpretare la sostenibilità del paese: evitare i consumi acritici, ma ponderarli per massimizzare valore e impatto».
Lei è anche Presidente nazionale della Società Italiana di Leadership e Management in medicina (SIMM): come si prodiga la vostra organizzazione per perfezionare la governance sanitaria?
«Come SIMM ci spendiamo per diverse tematiche. In primis la revisione dell’offerta della struttura assistenziale, perché se apriamo le Case di Comunità dobbiamo riequilibrare l’offerta ospedaliera». Le Case di Comunità sono strutture territoriali pensate per potenziare l’assistenza primaria, la presa in carico dei pazienti cronici, e la gestione dei bisogni di salute fuori dall’ospedale. Se queste strutture funzionano come previsto, molti accessi impropri agli ospedali possono essere evitati. «Ovviamente una grande questione sulla quale cerchiamo di portare attenzione è l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse. Un’altra partita cruciale secondo noi è lo sviluppo della capacità di revisione delle assistenze, prestando attenzione a ciò che crea valore, modificando assetti e modelli organizzativi. Il fine di tutto questo processo è utilizzare meno risorse per creare maggiore valore. Come SIMM è questa la nostra visione».
Come può il digitale aiutare la sanità a raggiungere questo scopo?
«Il digitale è uno strumento che può rendere più facile la messa in atto dei principi di universalismo e solidarietà che guidano la sanità». Altini ammonisce come il digitale non debba guidare, ma essere guidato dal professionista sanitario. Si tratta di un monito che accompagna qualsiasi nuovo dispositivo introdotto nell’ambito sanitario, come i CDSS. «Il digitale si collega alle politiche dette pocanzi e permette ai cittadini di fruire di una sanità di qualità anche in scenari decentrati come quelli montani e delle aree interne. A Modena, ad esempio, permette di avere una visita oculistica o dermatologica senza fare 50 km e chiedere giorni di permesso. È più semplice sfruttare la tecnologia rispetto a mandare il professionista in 17 posti differenti».