Malattie rare, in Europa servono quasi 5 anni per una diagnosi. Per le donne un anno in più

Il report di Eurordis rivela che in Europa servono quasi cinque anni per ottenere una diagnosi di malattia rara, con un divario significativo tra uomini e donne. In Italia parte la survey ‘Da rara a riconosciuta’ per analizzare i ritardi diagnostici

Quattro anni e otto mesi. Questo il tempo che una persona affetta da malattia rara deve aspettare in Europa prima di ricevere una diagnosi. Un tempo lungo, che nasconde un ulteriore divario: se per un uomo l’attesa media è di 3,7 anni, per una donna si arriva a 5,4. A rivelarlo è un report di Eurordis, network europeo delle associazioni di pazienti con malattie rare.

Ritardi e diagnosi errate, il quadro europeo

Secondo i dati raccolti dal network, su oltre 6.500 pazienti in 42 Paesi, più di un terzo delle persone affette da una malattia rara aspetta cinque anni per una diagnosi corretta. Il 40%, inoltre, almeno una volta riceve una diagnosi errata e, di conseguenza, un trattamento alla malattia inadeguato e potenzialmente dannoso. Per molti pazienti la diagnosi arriva solo dopo una lunga sequenza di visite specialistiche, test e ricoveri, il che comporta un carico materiale e psicologico notevole sul paziente e sulla sua famiglia. Inoltre, Eurordis ha evidenziato che i tempi di attesa possono variare non solo in base al genere di appartenenza, ma anche all’età, al livello di istruzione e al Paese di residenza.

“Da rara a riconosciuta”

Per restituire un quadro più aggiornato e focalizzato sull’Italia, è stata avviata la survey “Da rara a riconosciuta”. L’obiettivo della ricerca è non solo indagare, come fatto da Eurordis, sul ritardo diagnostico delle malattie rare in Italia, ma anche evidenziare e analizzare le differenze di genere nei tempi di diagnosi.

«La prima indagine condotta nell’ambito del progetto aveva già evidenziato una difficoltà maggiore per le donne di arrivare in tempi brevi alla diagnosi. Con questa nuova indagine vogliamo dare voce ai diretti protagonisti, cioè alle persone che hanno una malattia rara e ai loro caregiver, per cercare di analizzare la loro condizione con una particolare attenzione alla dimensione delle differenze di genere» spiega Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Ricerca biomedica e salute della Fondazione Censis. «L’obiettivo è scavare più a fondo e comprendere meglio caratteristiche, cause e conseguenze di questo ritardo diagnostico, anche in termini di complicanze legate a una diagnosi tardiva».

Partecipazione aperta fino a metà ottobre

L’indagine è promossa da Women in Rare, Think Tank nazionale dedicato all’impatto delle malattie rare sulla vita delle donne, ideato da Alexion, AstraZeneca Rare Disease, in partnership con Uniamo – Federazione Italiana Malattie Rare e in collaborazione con Fondazione Onda, con il supporto di un Comitato scientifico multidisciplinare. Alla realizzazione partecipano anche Censis e Altems, partner tecnici del progetto.

L’indagine, disponibile sul portale di Uniamo fino alla metà di ottobre, è aperta a tutti i malati rari e ai loro caregiver. «È importante un’ampia adesione. È fondamentale che partecipino sia uomini sia donne per aiutarci a capire se esistono differenze di genere e da cosa derivino» conclude Vaccaro.

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di Bernardino Ziccardi
15 Ottobre, 2025

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