Mangiare bene significa anche dialogare con il proprio DNA. Alcuni alimenti contengono molecole capaci di modulare i meccanismi epigenetici che regolano l’espressione dei geni, influenzando i processi di invecchiamento e la prevenzione delle malattie croniche. È quanto emerge dallo studio A Systematic Review of Food-Derived DNA Methyltransferase Modulators: Mechanistic Insights and Perspectives for Healthy Aging guidato da Sofia Pavanello, docente del Dipartimento di Scienze CardioToraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università di Padova. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Advances in Nutrition, tra le più prestigiose nel campo della nutrizione.
La ricerca
L’articolo raccoglie e analizza in modo sistematico oltre cento studi sperimentali e clinici che dimostrano come i composti bioattivi di origine alimentare siano in grado di modulare l’attività delle DNA metiltransferasi (DNMT). Le DNMT sono enzimi chiave nei processi di metilazione del DNA e Fra i composti che modulano le DNMT figurano polifenoli, isotiocianati, folati, catechine e curcumina. Le DNMT sono enzimi chiave per la metilazione che controllano l’attivazione o la disattivazione dei geni. In questo modo, influenzano la risposta dell’organismo a stress ambientali, infiammazione e invecchiamento. I composti bioattivi più frequentemente studiati includevano epigallocatechina-3-gallato, curcumina, genisteina, resveratrolo, sulforafano e folato.
«Abbiamo voluto chiarire in modo rigoroso -– spiega la Dott.ssa Pavanello – quali alimenti e principi attivi possano agire come veri e propri interruttori epigenetici naturali. L’obiettivo è comprendere come la dieta possa essere utilizzata per prevenire o rallentare i processi biologici che portano all’invecchiamento e alle malattie croniche, aprendo la strada a una nutrizione sempre più personalizzata e basata sull’evidenza scientifica».
I nutrienti presenti in alimenti comuni, come tè verde, broccoli, curcuma, vino rosso o soia, possono riprogrammare l’espressione genica attraverso modificazioni epigenetiche reversibili. Questa regolazione fine dell’attività del DNA può contribuire a ridurre l’infiammazione, migliorare le difese antiossidanti e mantenere giovane l’età biologica. È degno di nota che quasi il 90% degli studi abbia riportato un’inibizione delle DNMT, spesso in modo dose- e tempo-dipendente. Circa il 21% degli studi ha definito concentrazioni minime efficaci, principalmente per composti isolati. Diversi studi hanno descritto interazioni sinergiche tra i composti bioattivi e dati emergenti hanno evidenziato il ruolo mediatorio del microbiota intestinale nella modulazione epigenetica.
Le applicazioni future
La ricerca si inserisce nel progetto EPIFOOD del BioAgingLab dell’Università di Padova che mira allo sviluppo di strategie nutriepigenetiche per la longevità e la salute in ambienti estremi, inclusi quelli spaziali. Le conoscenze raccolte potranno contribuire anche al programma ASI Space Food, volto alla creazione di alimenti funzionali per gli astronauti, capaci di contrastare stress ossidativo, infiammazione e invecchiamento precoce durante le missioni di lunga durata.
Nonostante i risultati promettenti, la prevalenza di evidenze precliniche e la variabilità dei protocolli sperimentali e dei dosaggi limitano l’immediata applicabilità traslazionale. Tuttavia, le evidenze attuali sottolineano il potenziale dei modulatori alimentari delle DNMT come elementi fondamentali per strategie di nutrizione di precisione mirate a promuovere un invecchiamento sano e ridurre il rischio di malattie associate all’età. Si parlerà di questo tema anche al tavolo In salute e malattia: l’alimentazione al centro di vita, benessere e prevenzione di Welfair, la fiera del fare Sanità, a Fiera di Roma dal 4 al 7 novembre.
