Il Centro Nazionale Trapianti (CNT) ha diffuso la nuova edizione del rapporto di valutazione della qualità dell’attività di trapianto di rene in Italia, coprendo un arco temporale di vent’anni, dal 2002 al 2022. Un’analisi capillare e dettagliata, frutto del lavoro del Sistema informativo e di elaborazione dati del CNT, che offre una panoramica approfondita sull’attività dei 38 centri trapianto attivi nel nostro Paese e sull’intero percorso assistenziale dei pazienti: dall’iscrizione in lista d’attesa al follow-up post-trapianto.
L’indagine si articola in tre sezioni principali, ciascuna focalizzata su un momento chiave del percorso trapiantologico: l’accesso alla lista d’attesa, la fase del trapianto vero e proprio e il monitoraggio degli esiti a lungo termine. Due approfondimenti speciali sono invece dedicati ai trapianti da donatore vivente e all’attività pediatrica.
Accesso al trapianto: chi entra in lista e quanto si attende
Dal 2002 al 2022, sono stati inseriti in lista d’attesa per trapianto di rene 45.066 pazienti, con una prevalenza maschile (64%) e una quota di pazienti pediatrici pari al 3,4%. Le principali patologie alla base dell’insufficienza renale terminale sono le nefropatie glomerulari (39%) e quelle ereditarie (20%). Il 50% degli iscritti viene trapiantato entro due anni dall’ingresso in lista.
Trapianti e risultati: numeri solidi e tassi di sopravvivenza elevati
Nel ventennio considerato sono stati eseguiti 34.484 trapianti da donatore deceduto e 4.599 da donatore vivente. I dati sulla sopravvivenza sono particolarmente confortanti: a un anno dal trapianto la sopravvivenza è del 97,3%, a cinque anni raggiunge il 91,5% e a dieci anni si attesta all’80,7%. Risultati che, secondo il CNT, confermano una qualità complessiva elevata e uniforme su scala nazionale.
“Valutare la qualità dei trapianti è uno dei compiti più delicati e importanti del CNT – ha dichiarato Giuseppe Feltrin, direttore generale del Centro – perché consente alla nostra Rete di monitorare con precisione l’attività clinica, identificare eventuali criticità e intervenire tempestivamente per migliorare l’assistenza”.
Il trapianto da donatore vivente: più raro ma più efficace
I trapianti da vivente sono stati effettuati in 35 dei 38 centri italiani e rappresentano un’opzione in crescita per determinate categorie di pazienti. Nella maggioranza dei casi (62,6%) i donatori sono consanguinei: madri (29,1%), padri (12,5%) e fratelli o sorelle (17,9%). In un terzo dei casi, a donare è invece il partner.
I numeri parlano chiaro: nei trapianti da vivente la sopravvivenza dei pazienti è ancora più elevata, con il 98,7% a un anno e il 96,8% a cinque anni.
Ritorno alla vita: lavoro e qualità della vita nel post-trapianto
Un ulteriore dato positivo emerge dalla fase di follow-up. Il 92,5% dei pazienti trapiantati riprende l’attività lavorativa oppure è in condizione di farlo. Solo il 3%, invece, non riesce a reintegrarsi a causa delle condizioni cliniche.
Un aggiornamento atteso, in continuità con i report precedenti
Questo nuovo rapporto arriva a quattro anni di distanza dall’ultima edizione sul rene, pubblicata nel 2021. Si inserisce in un percorso di monitoraggio continuo da parte del CNT.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati anche i rapporti sulla qualità del trapianto di cuore (2024), fegato (2023) e polmone (2022). Ciò conferma l’impegno sistematico nella valutazione dell’intero sistema trapiantologico italiano.
È un lavoro di trasparenza e rigore. L’obiettivo è rafforzare la fiducia nel Servizio Sanitario Nazionale e nella rete trapiantologica. Questo impegno garantisce ai pazienti non solo l’accesso all’intervento salvavita, ma anche la migliore qualità possibile dell’assistenza lungo tutto il percorso di cura.