Non esistono quantità “sicure” di alcol in gravidanza: anche un consumo occasionale può avere gravi conseguenze sul feto. Molti, però, sono convinti che «un consumo ‘moderato’ di alcol non possa nuocere al feto», spiega Luigi Memo, segretario del Gruppo di studio di Genetica Clinica Neonatale della Società Italiana di Neonatologia.
Le conseguenze dell’alcol in gravidanza
I disturbi dello spettro feto-alcolico rappresentano la principale causa di disabilità intellettiva tra i bambini nei Paesi a reddito elevato. Ogni anno, infatti, si contano circa 120.000 casi nel mondo e oltre 2.500 in Italia, con un’incidenza che varia tra 0,5 e 3 casi ogni 1.000 bambini nati. Le conseguenze che l’assunzione di alcol può provocare sono diverse: dall’aborto spontaneo ad un basso peso alla nascita, ma anche malformazioni congenite e difficoltà cognitive e relazionali.
Eppure, come ricorda la SIN, tali disturbi sono prevenibili semplicemente evitando il consumo di alcol in gravidanza. «Nonostante queste evidenze, molte future madri continuano a consumare bevande alcoliche, convinte che un consumo ‘moderato’ di vino, birra, aperitivi, amari o superalcolici non possa nuocere al feto» afferma Memo. Molte gravidanze, inoltre, non vengono pianificate, esponendo così potenzialmente il feto all’alcol senza alcuna consapevolezza.
I dati del consumo di alcol in gravidanza
Secondo una comunicazione del 2020 diffusa dalla SIN, il 66% delle donne in età fertile ha riferito di aver consumato alcol, con un aumento preoccupante del binge drinking tra i giovani. Inoltre, secondo i dati della Sorveglianza Bambini 0-2 anni 2022 dell’ISS, la maggior parte delle donne non consuma alcol in gravidanza. Tuttavia, non sono poche le donne che ne consumano quantità “limitate”: ben il 18,6% delle gestanti ha dichiarato di avere assunto quantità minime, come mezzo bicchiere di vino o una birra piccola 1 o 2 volte al mese, e il 3,7% almeno 3-4 volte al mese. La frequenza più alta si registra nelle regioni del Centro-Nord, con punte dal 1,7% in Calabria fino al 6,1% in Emilia-Romagna. Il dato diventa ancora più critico durante l’allattamento: in alcune aree, fino al 17,5% delle neo-mamme continua a consumare alcol regolarmente nei mesi successivi al parto.
Monitorare e sensibilizzare
Per capire meglio i reali numeri e l’andamento dei comportamenti a rischio, il Ministero della Salute ha rifinanziato un progetto biennale all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) con l’obiettivo di monitorare il consumo di alcol in gravidanza tra le giovani donne di età compresa tra 18 e 24 anni, nell’ambito del più ampio programma sulla salute di mamme e bambini.