Il 21 settembre viene celebrato in tutto il mondo il World Alzheimer’s Day, uno sforzo globale per aumentare la consapevolezza e combattere lo stigma intorno a questa e ad altre forme di demenza. L’Istituto Superiore di Sanità si occupa di questi temi sotto diversi aspetti tramite le attività dell’Osservatorio Demenze, tra cui la mappatura dei centri dedicati alla malattia, alla ricerca sperimentale portata avanti dal dipartimento di Neuroscienze.
Cos’è la demenza
Il termine demenza indica una condizione clinica di natura cronico-degenerativa, vascolare, metabolica o infiammatoria, che si presenta dunque in diverse condizioni patologiche primarie e secondarie. La storia naturale della demenza è caratterizzata dalla presenza di deficit cognitivi progressivi (memoria, linguaggio, funzioni esecutive e prassiche, astrazione), disturbi del comportamento e danno funzionale, con perdita dell’autonomia fino alla completa dipendenza dagli altri. Rappresenta quindi una delle maggiori cause di disabilità.
I numeri della demenza in Italia
Si stima oggi che in Italia vi siano circa 1.200.000 casi di demenza nella fascia d’età uguale o superiore ai 65 anni e circa 24.000 casi di demenza giovanile compresi nella fascia d’età 35-64 anni. Inoltre è possibile stimare in circa 950.000 le persone con Mild Cognitive Impairment, un condizione che talvolta precede l’inizio della demenza. Se si considera che accanto a queste 2.200.000 persone con un disturbo cognitivo vivono circa 4 milioni di familiari è possibile stimare che circa il 10% della popolazione italiana si trova ad affrontare questo problema (Report Nazionale Fondo Alzheimer e demenze 2021-23, ISS). Il costo complessivo della demenza è stato stimato in 23 miliardi di euro l’anno di cui il 63% a carico delle famiglie.
I fattori di rischio
Il principale fattore di rischio non modificabile associato alla demenza è l’età ma vi sono, ad oggi, 14 fattori di rischio modificabili (basso livello di istruzione, ipertensione, ipoacusia, obesità, fumo, depressione, inattività fisica, diabete, scarse relazioni sociali, eccessivo consumo di alcol, esposizione all’inquinamento atmosferico, traumi cerebrali, deficit visivo non trattato e alti livelli di colesterolo LDL) che possono consentire di ridurre fino al 45% i casi di demenza (Lancet Commission 2024). Inoltre, alcune mutazioni genetiche sono la causa di forme rare a trasmissione autosomica dominante. Qui i 10 segnali della malattia di Alzheimer
Oltre la malattia
«Al contrario degli stereotipi che si sono formati nei decenni passati, l’esperienza delle demenze ormai non si riduce alla malattia» spiega Nicola Vanacore, responsabile dell’Osservatorio. «È un mondo intero che ingloba la soggettività dei pazienti e il loro rapporto con i familiari, i caregiver, i medici, le associazioni e le istituzioni. È un percorso in espansione che implica vari attori sociali e culturali, impegnati nella condivisione e nella relazione di cura, basata su competenze multidisciplinari, per far sì che il paziente sia ascoltato e seguito in tutte le fasi della malattia».
Cura e ricerca ad oggi
«L’Alzheimer è una malattia molto complessa e non potrà essere affrontata con un unico approccio» spiega Daniela Merlo, direttrice del dipartimento di Neuroscienze dell’ISS. «Ad oggi, non esistono farmaci risolutivi e solo la ricerca potrà condurci a soluzioni più efficaci. Per questo è fondamentale approfondire i meccanismi cellulari che regolano la formazione e il mantenimento della memoria, così da capire meglio le cause della sua perdita. Proprio in questa direzione si inserisce un nostro studio, pubblicato recentemente su EMBO Reports. Abbiamo scoperto che l’accumulo di beta-amiloide può ridurre l’attività dell’enzima DNA-PKcs e di conseguenza abbassare i livelli di proteine fondamentali per l’organizzazione delle sinapsi, come la proteina PSD-95. Questo processo compromette le connessioni neuronali e contribuisce al declino cognitivo. La scoperta è importante perché suggerisce nuove vie cellulari che potrebbero essere modulate farmacologicamente».