Nel 2024 sono nati in Italia 369.944 bambini, quasi diecimila in meno rispetto all’anno precedente. Il calo, pari al 2,6%, consolida una tendenza che prosegue ininterrotta dal 2008, quando le nascite superavano le 570 mila unità. In soli sedici anni il Paese ha perso più di 200 mila nati, segnando una riduzione complessiva del 35,8%. Il tasso di natalità, ora a 6,3 per mille residenti, si colloca tra i più bassi d’Europa, a conferma di una crisi demografica che coinvolge tutte le regioni e tutte le fasce sociali. Questi i dati del rapporto “Natalità e fecondità della popolazione residente – Anno 2024” pubblicato il 21 ottobre 2025 dall’Istat.
Le cause del fenomeno sono interconnesse. Da un lato, pesa il calo della popolazione in età feconda, sempre più ridotta dalle generazioni meno numerose nate negli anni Ottanta e Novanta; dall’altro, la crescente precarietà lavorativa, la difficoltà di conciliare vita e carriera e l’incertezza economica scoraggiano molti giovani dal formare una famiglia. In un Paese in cui il costo della vita cresce più rapidamente dei salari, la decisione di avere un figlio è sempre più rimandata o abbandonata.
Fecondità in discesa e madri sempre più mature
Nel 2024 il numero medio di figli per donna scende a 1,18, contro 1,20 dell’anno precedente. Si tratta di un valore lontanissimo dal livello di sostituzione generazionale, fissato a 2,1 figli per donna. Le donne italiane registrano una media di 1,11 figli, mentre le straniere si fermano a 1,79, pur rappresentando ancora una componente importante della natalità complessiva. La fecondità straniera, però, non basta più a compensare il calo delle italiane, segno che il declino si è ormai radicato anche tra le nuove generazioni di immigrate.
L’età media delle madri al parto continua a salire: 32,6 anni complessivi, con un valore di 33,1 per le italiane e 29,6 per le straniere. Quasi una nascita su due avviene oltre i 33 anni. Il ritardo della maternità è il riflesso di un percorso di vita sempre più lungo e instabile, in cui la formazione, la ricerca di un lavoro stabile e la conquista dell’indipendenza economica assorbono buona parte dell’età fertile.
Famiglie che cambiano: crescono le nascite fuori dal matrimonio
Nel 2024 il 43,2% delle nascite è avvenuto fuori dal matrimonio, in aumento rispetto al 42,4% del 2023. È un dato che testimonia il mutamento profondo dei modelli familiari: la coppia coniugata non è più la forma esclusiva di riferimento, mentre crescono le convivenze e le unioni civili. Il cambiamento si accompagna però a una maggiore fragilità sociale: molte coppie rinunciano al matrimonio ma rimandano anche la genitorialità, in un contesto di incertezza che influisce sulle scelte riproduttive.
Sul piano etnico e culturale, le nascite da genitori entrambi italiani costituiscono il 78,2% del totale e sono in calo del 3,3% rispetto all’anno precedente. Le coppie miste aumentano leggermente (+2,3%), mentre si riducono quelle con entrambi i genitori stranieri (-1,7%). La componente straniera, un tempo motore di crescita demografica, sembra dunque perdere vigore, riflettendo un progressivo processo di integrazione e stabilizzazione che riduce anche la loro fecondità.
Il divario territoriale si allarga: il Mezzogiorno in difficoltà
Il declino demografico non è uniforme sul territorio. Il Mezzogiorno subisce il colpo più duro, con un calo del 4,3% dei primogeniti rispetto al 2023. Il Nord registra una diminuzione più contenuta (-1,8%), mentre il Centro segna -2,0%. Le regioni meridionali, che storicamente avevano tassi di fecondità più elevati, stanno ormai convergendo verso i livelli del Nord, segnando la fine di un vantaggio demografico che durava da decenni.
Il numero dei primogeniti, pari a 181.487 nel 2024, evidenzia una crisi del “primo figlio”: la decisione di iniziare un percorso di genitorialità è sempre più difficile e spesso non viene mai presa. Questo rallentamento compromette anche la possibilità di arrivare a un secondo o terzo figlio, accentuando il progressivo invecchiamento della popolazione.
