Suonare uno strumento protegge il cervello dall’invecchiamento

Uno studio pubblicato su PLOS Biology mostra che i musicisti anziani mantengono migliori capacità cognitive rispetto ai coetanei non musicisti. Grazie alla riserva cognitiva sviluppata con anni di pratica musicale, il cervello lavora in modo più efficiente e mostra un’attività simile a quella dei giovani adulti.
suonare protegge il cervello

Con l’avanzare dell’età, il cervello va incontro a un naturale declino delle funzioni cognitive e sensoriali. Spesso, per compensare questa perdita, aumenta l’attività neurale e la connettività tra regioni cerebrali, un meccanismo che i neuroscienziati interpretano come una strategia di adattamento. Ma non tutti invecchiano allo stesso modo: stili di vita cognitivamente stimolanti, come lo studio della musica, sembrano in grado di contrastare almeno in parte questi cambiamenti.

La riserva cognitiva: un alleato contro il declino

Studi sostengono che esperienze come un alto livello di istruzione, il bilinguismo o la pratica musicale di lunga durata contribuiscano a sviluppare una “riserva cognitiva”. Questo termine indica la capacità del cervello di far fronte all’invecchiamento grazie a risorse mentali accumulate nel tempo. Il nuovo studio pubblicato su PLOS Biology indaga proprio questo aspetto: suonare uno strumento proteggere il cervello dall’invecchiamento?

Lo studio: chi ha suonato per anni se la cava meglio

Lo studio ha coinvolto tre gruppi: musicisti anziani con almeno 32 anni di esperienza, anziani non musicisti e giovani non musicisti. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a un compito di percezione del parlato in presenza di rumore di fondo (speech-in-noise) mentre veniva monitorata l’attività cerebrale tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI).

I musicisti anziani hanno ottenuto risultati significativamente migliori nel test rispetto ai coetanei non musicisti. Inoltre, la loro attività cerebrale mostrava schemi simili a quelli dei partecipanti giovani, con una minore attivazione e una connettività funzionale più efficiente.

Meno sforzo, migliori risultati

Questi risultati supportano l’ipotesi definita “Hold-back upregulation”: la pratica musicale contribuisce a rafforzare la riserva cognitiva, che permette al cervello di ottenere buone performance senza attivare in eccesso le proprie risorse, come avviene nel cervello giovane. Al contrario, nei soggetti con minore riserva cognitiva (come gli anziani non musicisti), il cervello è costretto a una maggiore attivazione per raggiungere risultati inferiori.

La musica come allenamento mentale

Secondo lo studio, la pratica musicale non è solo un’attività culturale o ricreativa, ma può agire come un vero e proprio allenamento cerebrale. Suonare protegge il cervello perchè favorisce un uso più efficiente delle risorse neurali, mantiene la flessibilità delle connessioni funzionali e protegge dalle conseguenze del declino legato all’età.

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