Secondo un report pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riguardante il 2024, un quarto delle malattie globali è dovuto all’insalubrità dell’ambiente in cui si vive. La maggior parte di queste è prevenibile attraverso politiche green, tecnologie pulite e pratiche sostenibili. Infatti, la Dott.ssa Maria Neira, Direttrice del Dipartimento Ambiente, Cambiamenti Climatici e Salute dell’Oms, afferma che: «La gestione dei rischi ambientali non è facoltativa. È la ricetta per una salute migliore, economie più forti e un futuro più sicuro. Investire in aria pulita, acqua potabile e protezione climatica non è solo un bene per il pianeta, ma una necessità per la salute e il futuro delle popolazioni».
Quali sono i fattori di rischio ambientali?
I fattori di rischio ambientali includono l’inquinamento atmosferico ambientale e domestico, il fumo passivo, l’acqua non sicura, i servizi igienico-sanitari e l’igiene inadeguati, le sostanze chimiche pericolose, il rumore, i rischi professionali e il cambiamento climatico. Questi fattori sono associati a una vasta gamma di esiti sanitari, tra cui l’ictus, le malattie cardiache, le malattie respiratorie croniche e il cancro. Molti di questi fattori sono presenti simultaneamente in ambienti ad alto rischio e possono avere effetti cumulativi o interattivi sulla salute.
L’esposizione a fattori di rischio ambientali varia ampiamente tra i Paesi e al loro interno, e si verifica lungo gradienti geografici, socioeconomici e demografici. Le popolazioni vulnerabili, tra cui bambini, anziani, persone povere e coloro che vivono in ambienti svantaggiati o emarginati, sono spesso esposte a livelli più elevati di rischio ambientale. I bambini, ad esempio, assorbono una percentuale più alta di inquinanti rispetto agli adulti e hanno una fisiologia in via di sviluppo che li rende più suscettibili agli effetti tossici.
Inoltre, molte esposizioni ambientali sono strettamente collegate con le modalità di produzione e consumo. Questi modelli sono a loro volta influenzati da politiche, norme sociali, scelte individuali e investimenti infrastrutturali. Chi vive in aree urbane, per esempio, ha accesso a tecnologie meno inquinanti e infrastrutture e servizi più rispettosi dell’ambiente rispetto a chi vive nelle aree rurali. Affrontare i fattori di rischio ambientali, quindi, richiede un approccio sistemico e intersettoriale che tenga conto delle dinamiche sottostanti e delle disuguaglianze.
La valutazione dei singoli Paesi
L’OMS ha stilato delle schede di valutazione sullo stato della salute e dell’ambiente per ogni paese: l’Italia ha conseguito il punteggio di 69/100. Il nostro paese si pone al di sopra della media globale, che è di 51 punti, ma ha davanti a sé 17 paesi europei. Al comando della classifica, che analizza come i fattori di rischio ambientali influenzano la salute, c’è la Norvegia con 81/100. Completano il podio il Canada (80/100) e alla pari la Spagna e la Finlandia (77/100).
L’Italia protegge attualmente il 15% delle aree terrestri e marine, mentre l’obiettivo globale di difesa della diversità è posto al 30% entro il 2030. Nonostante ciò, Roma ha già disposto una strategia nazionale e un piano d’azione. Quello che il nostro paese paga è avere la peggiore qualità dell’aria dell’Unione Europea. Il Rapporto MobilitAria 2025, che studia la presenza di PM2,5, NO2 e O3 in circolo nell’aria, ha attestato all’azione di questi tre inquinanti la causa di oltre 70.000 decessi.