Il bodybuilding, se praticato in modo estremo e con l’utilizzo di sostanze dopanti, potrebbe nascondere insidie anche per il cuore femminile. A rivelarlo è uno studio condotto dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova, secondo cui le donne che praticano bodybuilding in tale modalità presentano alterazioni strutturali del cuore comparabili a quelle riscontrate negli uomini.
Quasi un terzo muore per problemi cardiaci
Lo studio è stato pubblicato sull’European Heart Journal, rivista ufficiale della Società Europea di Cardiologia. L’indagine ha visto la partecipazione di 9477 atlete che hanno preso parte ad oltre 700 eventi organizzati dalla Federazione Internazionale del Fitness e del Bodybuilding. L’arco temporale della ricerca è stato di sedici anni: 2005 – 2020.
I decessi confermati sono stati 32, con età media pari a 42,7 anni, con i ricercatori che sono riusciti a identificarne una causa nel 75% dei casi. Diciannove sono stati classificati come morti improvvise, cinque come non improvvise. Tra le morti improvvise, sette erano di natura traumatica e dodici non traumatica. In dieci casi, pari al 31% dei decessi totali, si è trattato di morte cardiaca improvvisa.
Inoltre, i referti autoptici disponibili per due atlete professioniste hanno evidenziato che in un caso non sono state riscontrate anomalie cardiache, mentre nell’altro sono emersi segni compatibili con una miocardite. Le analisi tossicologiche hanno inoltre sottolineato in entrambi i casi l’uso di farmaci per il miglioramento delle prestazioni. Abuso poi confermato anche in altri due atleti deceduti, a conferma del ruolo potenzialmente aggravante di tali sostanze sul rischio cardiovascolare.
Morti improvvise più alte che in altri sport
«Dopo il nostro studio sui bodybuilder maschi, che ha avuto grande eco scientifica, ci è sembrato doveroso indagare anche l’universo femminile» ha spiegato Marco Vecchiato, primo autore e medico dello sport del Dipartimento di Medicina dell’università di Padova. «I risultati ottenuti indicano che, seppur con numeri inferiori, anche le atlete donne presentano un tasso di morte cardiaca improvvisa sorprendentemente elevato per soggetti giovani e apparentemente sani, in particolare tra le professioniste».
«Il dato forse più inquietante – sottolinea il docente – è che l’incidenza di morte improvvisa tra le professioniste presenta ancora numeri molto alti rispetto a quella riportata per altre discipline sportive, seppur minore se paragonata a quella già riportata nei bodybuilder maschi. Questo sottolinea come l’estremizzazione degli stimoli allenanti, l’abuso di sostanze dopanti e le tecniche di preparazione al palco possano comportare gravi rischi, indipendentemente dal sesso».
Non solo problemi cardiaci
Le cause dei decessi non sono da ricollegare esclusivamente a problematiche cardiovascolari, ma anche a problemi di natura psicosociale per le atlete di bodybuilding. Diversi, infatti, sono i casi di suicidi e omicidi evidenziati nello studio, quasi il 13% dei casi. Si tratta di un tasso che supera significativamente quello riportato in altre tipologie di atlete femminili e quattro volte maggiore rispetto ai colleghi maschi. Segno che, secondo Vecchiato, «in una disciplina dove il corpo femminile è al centro della valutazione e della visibilità, è fondamentale tenere conto anche della salute mentale, della pressione sociale e delle dinamiche di performance e immagine».
Serve maggiore consapevolezza dei rischi
«Di per sé, il bodybuilder non è un nemico della salute – prosegue Vecchiato – ma bisogna evitare la combinazione di pratiche estreme, aspettative estetiche e uso di sostanze, che può trasformare questo sport in una disciplina ad alto rischio. È urgente promuovere una maggiore consapevolezza dei rischi, programmi di prevenzione cardiologica e psicologica per le atlete, oltre che il rifiuto dell’utilizzo di sostanze stupefacenti».
«Abbiamo bisogno di un cambiamento culturale che valorizzi la salute prima della performance» ha conclude Vecchiato. «Questo vale per tutti gli atleti, uomini e donne, ma richiede particolare attenzione nel bodybuilding femminile, dove i rischi possono essere più nascosti, ma non meno gravi».
