Dalla cura alla prevenzione: il decalogo del Ministero della Salute

Rafforzare la cultura della prevenzione tramite azioni politiche mirate: il Decalogo propone 10 azioni per passare da una sanità reattiva ad una proattiva.
Il Decalogo mira a rendere la nostra sanità da reattiva a proattiva

Il Decalogo della Prevenzione rappresenta una proposta strategica per riformare l’approccio alla sanità pubblica, spostando il focus dalla cura alla prevenzione. Quotidiano Sanità ha riportato l’intervento di Maria Rosaria Campitiello, Capo Dipartimento del Ministero della Salute durante gli Stati generali della Prevenzione di Napoli. L’alta funzionaria ha invitato a superare il modello sanitario reattivo, che interviene solo quando la malattia si manifesta, per uno proattivo basato sulla promozione della salute.

Il contenuto del Decalogo della Prevenzione

Al centro del decalogo vi è l’esigenza di rafforzare la cultura della prevenzione, rendendola parte integrante delle politiche pubbliche. Questo cambiamento richiede un impegno educativo costante, soprattutto nelle scuole, nei servizi territoriali e nei contesti comunitari. La prevenzione, infatti, viene definita come un investimento strategico, e non una semplice voce di spesa. Il documento sottolinea la necessità di destinare risorse stabili e crescenti a questa funzione, valutandone i ritorni in termini economici, sociali e sanitari.

Altro punto cruciale è l’attenzione ai determinanti sociali della salute: condizioni abitative, ambientali, scolastiche e lavorative che incidono fortemente sul benessere delle persone. Il decalogo spinge per una sanità che agisca su questi fattori, promuovendo ambienti di vita sani e intervenendo sulle disuguaglianze. In questa visione, promuovere stili di vita corretti diventa un compito intersettoriale, che non i limita al settore sanitario, ma coinvolge anche istruzione, urbanistica, trasporti e welfare.

Il documento evidenzia l’importanza di rafforzare i programmi di vaccinazione e di screening, strumenti fondamentali per la prevenzione secondaria. Serve una riorganizzazione dei servizi, una maggiore omogeneità territoriale e una comunicazione più efficace per raggiungere tutta la popolazione, in particolare le fasce più vulnerabili. Un’attenzione specifica è dedicata alle malattie croniche, sempre più diffuse a causa dell’invecchiamento della popolazione. La prevenzione deve essere intesa anche come gestione precoce e personalizzata della cronicità, con percorsi strutturati e continui.

Infine, il Decalogo della Prevenzione promuove il concetto di “Prevention Hub”: centri regionali digitali e innovativi dedicati alla prevenzione, alla formazione dei professionisti e alla raccolta dei dati. Sottolinea anche la necessità di affrontare i temi ambientali e climatici in chiave di salute pubblica, di adottare l’approccio One Health che integra salute umana, animale e ambientale, e di investire nella digitalizzazione e nella partecipazione attiva dei cittadini.

La call to action alle Regioni

Tradurre i principi del decalogo in pratiche concrete impone alle Regioni una revisione delle proprie strategie sanitarie. La promozione della cultura della prevenzione richiede, ad esempio, che le Regioni attivino campagne educative su larga scala, coinvolgendo scuole, enti e media locali. Devono, inoltre, favorire la formazione continua del personale sanitario, affinché sappia comunicare efficacemente al cittadino. Dal punto di vista economico, sarà fondamentale che le Regioni rivedano i propri bilanci sanitari, assicurando una quota strutturale di risorse destinata alla prevenzione.

L’integrazione dei determinanti sociali della salute implica la creazione di tavoli intersettoriali permanenti tra assessorati. Le Regioni dovranno promuovere ambienti favorevoli alla salute attraverso politiche urbanistiche inclusive, spazi pubblici fruibili e iniziative per contrastare l’emarginazione sociale. Lo sforzo è finalizzato a garantire equità territoriale, superando le disparità attualmente esistenti tra aree urbane e rurali. Per quanto riguarda vaccinazioni e screening, è necessaria una governance più efficace dei dipartimenti di prevenzione, la semplificazione all’accesso e il miglioramento della comunicazione istituzionale.

La realizzazione dei Prevention Hub richiede investimenti in infrastrutture digitali e sperimentare modelli innovativi. Le Regioni sono chiamate a incentivare lo sviluppo di sistemi informativi interoperabili per la raccolta e l’analisi dei dati epidemiologici, clinici e ambientali. Ad esempio, la Regione Lazio ha appena inaugurato la sua nuova rete di trasmissione di dati sanitari: questa è la strada da battere secondo il Decalogo della Prevenzione.

Le sfide ambientali e lavorative impongono di rafforzare i sistemi di monitoraggio, promuovendo politiche di sostenibilità ambientale e sicurezza sul lavoro. In ottica One Health, bisogna attivare sinergie tra servizi sanitari, veterinari e ambientali per una gestione integrata dei rischi. Infine, le Regioni dovranno coinvolgere i cittadini nei processi decisionali e sostenere il terzo settore. Una popolazione informata, consapevole e attivamente coinvolta rappresenta infatti un elemento imprescindibile per il successo delle politiche di prevenzione.

Il decalogo pubblicato da Quotidiano Sanità

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