Dalla prevenzione alla cura, il digitale in Sanità ha un potenziale straordinario, ma va governato con attenzione. Non basta introdurre strumenti avanzati di tecnologia: occorre interrogarsi su come questi influenzano il ruolo dell’umanità nel sistema sanitario.
Quando la tecnologia esclude o indebolisce, invece di includere e rafforzare, il rischio è generare nuove fragilità.
Tecnologia e salute: un binomio potente, ma non neutrale
Nel suo intervento, Carlo Ghezzi, Professore Emerito del Politecnico di Milano e autore del volume “Verso un nuovo Umanesimo Digitale”, ha sottolineato il ruolo che il digitale riveste nell’innovazione sanitaria. Le applicazioni tecnologiche toccano ogni fase del percorso di cura, dalla prevenzione, alla diagnosi, fino ai trattamenti.
“Le opportunità offerte sono enormi e trasversali” ha affermato. Tuttavia, accanto ai benefici evidenti, è necessario affrontare anche i rischi, legati alla relazione tra sistemi digitali e persone.
Non basta innovare: serve un coinvolgimento attivo delle persone
Il vero rischio, ha spiegato Ghezzi, sta in come le persone vengono coinvolte nei processi digitali. Quando il ruolo umano si riduce a quello di semplice destinatario passivo, si perde l’occasione di costruire un sistema inclusivo.
“La tecnologia può generare valore solo se pone le persone al centro, come protagonisti attivi, e non come meri oggetti da usare” ha dichiarato. In molti casi, però, accade l’opposto: si creano sistemi che, invece di aiutare, escludono o indeboliscono, generando nuove fragilità che prima non esistevano.
Umanesimo digitale: più di un concetto, una necessità progettuale
Secondo il professor Ghezzi, questo scollamento tra tecnologia e umanità si verifica quando le soluzioni digitali non entrano in sintonia con le persone, ovvero quando non sono progettate tenendo conto di bisogni reali, contesti di fragilità e livelli di competenza.
Da qui l’importanza di un approccio umanistico al digitale, soprattutto in ambito sanitario.