Un rischio “invisibile” per molte donne
Nonostante stili di vita sani e parametri perfetti, infarti e ictus continuano a colpire molte donne. La ragione, spiegano i ricercatori, sta nel fatto che gli algoritmi di valutazione del rischio tengono conto soltanto dei cosiddetti fattori tradizionali: colesterolo, glicemia, pressione arteriosa e fumo. Chi non presenta anomalie viene classificata come “protetta”, ma non sempre lo è davvero.
Il ruolo dell’infiammazione
Lo studio del Mass General Brigham di Boston, basato sui dati della banca dati Women’s Health Study, ha seguito per trent’anni 12.530 donne inizialmente sane e prive di fattori di rischio modificabili standard.
È emerso che le donne con livelli di Proteina C reattiva ad alta sensibilità (hsCRP) superiori a 3 milligrammi per decilitro presentavano un rischio più elevato di:
- 77% di malattia coronarica.
- 39% di ictus.
- 52% di un evento cardiovascolare maggiore.
L’esame del sangue con la misurazione della Proteina C Reattiva ad alta sensibilità può quindi aiutare a riconoscere infiammazioni croniche del tutto silenti che, stando allo studio, possono essere associate a un rischio cardiovascolare aumentato, anche in assenza di altri sintomi evidenti.
Verso una prevenzione di genere più mirata
Questa ricerca conferma lavori precedenti dello stesso gruppo di Boston, che avevano già proposto di integrare colesterolo LDL e lipoproteina (a) nella valutazione precoce del rischio femminile. L’obiettivo rimane lo stesso: costruire strategie di prevenzione personalizzate, senza aspettare l’arrivo della menopausa, ma agendo fin dai 40 anni.
Il commento della dott.ssa Aschieri

Dottoressa Daniela Aschieri, direttore di Cardiologia di Piacenza e direttore scientifico dell’associazione Progetto Vita:
Lo studio presentato al Congresso ESC di Madrid e pubblicato sul European Heart Journal mette in luce un punto cruciale: molte donne che sviluppano infarto o ictus non presentano i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. Gli algoritmi le classificano come “protette”, eppure si ammalano. Sono le cosiddette donne “Smurf-less” invisibili ai nostri strumenti di predizione.
Per comprendere meglio, immaginiamo un albero in giardino: foglie verdi, tronco solido, nessun segno di malattia. Tutti lo direbbero sano. Ma nelle radici, nascoste sottoterra, si sviluppa un’infezione silenziosa che può farlo crollare al primo temporale.
L’hsCRP funziona come una “scansione delle radici”: rende visibile ciò che i nostri occhi non vedono, ossia l’infiammazione cronica capace di aumentare il rischio cardiovascolare anche in donne apparentemente sane.
Cosa deve cambiare nella prevenzione femminile?
- Integrare l’hsCRP nel concetto di rischio: non basta più misurare solo colesterolo, glicemia e pressione: il check-up cardiovascolare va esteso anche a questo parametro.
- Anticipare l’età della valutazione: lo studio mostra che i segnali di rischio compaiono già intorno ai 40 anni, quando la prevenzione può ancora essere realmente efficace.
- Personalizzare le strategie: l’hsCRP è uno strumento semplice e utile da introdurre nella pratica clinica, soprattutto per individuare chi sfugge agli algoritmi tradizionali.
Consigli pratici per le donne
- Non fermarsi a valori “perfetti” di colesterolo e pressione, ma discutere con lo specialista anche il dosaggio dell’hsCRP, in particolare in presenza di familiarità o fattori femminili specifici (gravidanze complicate, menopausa precoce, patologie autoimmuni).
- Agire sempre sullo stile di vita: alimentazione equilibrata e povera di zuccheri, attività fisica regolare, controllo del peso, gestione dello stress.
- Nei casi selezionati, valutare con il medico l’avvio precoce di terapie preventive, come le statine, che hanno anche un effetto antinfiammatorio, soprattutto in presenza di colesterolo LDL >100 mg/dl.
In sintesi, questo studio dimostra che la prevenzione femminile deve andare oltre gli indicatori tradizionali, includendo l’infiammazione per offrire un quadro realmente completo e iniziare le strategie preventive in età precoce. Ricordo, inoltre, che il fumo è un potente fattore pro-infiammatorio: una sigaretta per una donna equivale, per danno arterioso, a tre negli uomini, a causa delle caratteristiche peculiari delle arterie femminili.
