Andare in vacanza non è una scusa per allontanarsi dal lavoro, ma una buona pratica per la propria salute. A dirlo sono due studi che hanno indagato il rapporto che hanno inglesi e statunitensi con le ferie. Eppure, nonostante i benefici a mente e corpo, molti lavoratori non riescono a usufruire appieno delle proprie vacanze, i cui benefici sono molteplici. Per questo motivo il 58% degli inglesi ha dichiarato che “probabilmente” o “molto probabilmente” accetterebbe fino a 5 giorni di ferie aggiuntive non retribuite all’anno se il loro datore di lavoro offrisse questa possibilità.
Diminuiscono le ferie e aumenta il burnout
L’81% dei lavoratori britannici è d’accordo o pienamente d’accordo sul fatto che, quando non riescono a prendersi del tempo libero dal lavoro, avvertono un aumento del burnout, dell’esaurimento o del peggioramento della salute mentale. I lavoratori si sentono troppo occupati, con personale insufficiente e preoccupati per il proprio lavoro per andare in vacanza. Solo il 35% dei lavoratori nel Regno Unito utilizza tutti i propri giorni di ferie e il 17% degli intervistati ha 5 o più giorni di ferie non utilizzati. Il motivo principale del mancato godimento di questo diritto, indicato dal 42% dei rispondenti, è la carenza di personale all’interno dell’azienda. Questo dato è trasversale, colpendo tutti i lavoratori indipendentemente da genere, età e reddito percepito.
Questa percentuale si alza addirittura al 55% negli Stati Uniti, dove non sono stati utilizzati ben 768 milioni di giorni di ferie (+7% dal 2017). Anche i giorni non utilizzati si alzano per i dipendenti americani, attestandosi a 6 giorni e mezzo. I lavoratori del Midwest sono quelli che resistono di più a questa pratica scorretta nei confronti della loro salute, essendo la regione dove si fa il maggior utilizzo delle ferie a propria disposizione. Gli statunitensi con i figli più grandi tendono ad andare maggiormente in vacanza rispetto a quelli con i figli più piccoli. Li unisce, però, la visione della vacanza come occasione di creare memorie e legami con i figli e il resto della propria famiglia.
Un ulteriore conferma del fatto che spesso il carico di lavoro è eccessivo è che nel regno Unito il 57% dei lavoratori ammette di lavorare “a volte” o “spesso” durante le ferie annuali, il che mina i benefici del periodo di congedo dal lavoro. Questo dato tocca il picco del 74% nella fascia d’età fra i 18 e i 24 anni. Infatti, la GenZ è la generazione maggiormente colpita da questo rapporto malato con il lavoro. È la meno propensa ad andare in vacanza e la più propensa a lavorare durante le stesse. Infatti, solo il 22% dei giovani tra i 18 e i 24 anni utilizza tutti i giorni (de iure) a loro disposizione. Si tratta della fascia d’età dalla percentuale minore, con una differenza di 25 punti percentuali rispetto agli over 54. Lo stesso avviene anche negli USA, dove i lavoratori più giovani utilizzano meno giorni di permesso.
I benefici di andare in vacanza
Prendersi una pausa dal lavoro è fondamentale per il benessere psicofisico: staccare per almeno due settimane, anche restando vicino casa, riduce lo stress, abbassa il cortisolo e rilassa le aree cerebrali più sollecitate. Trascorrere del tempo nella natura o in luoghi nuovi favorisce il rilassamento e stimola la corteccia prefrontale, migliorando attenzione e problem solving. Viaggiare inoltre arricchisce culturalmente, spiritualmente e socialmente, soprattutto quando la meta ha un valore simbolico personale. Le esperienze nuove rafforzano la creatività, come dimostrano studi scientifici, stimolando la neuroplasticità e migliorando la flessibilità mentale.
Il viaggio ha anche effetti positivi sull’umore e sulla motivazione, grazie al rilascio di dopamina, che favorisce gratificazione e progettualità. Inoltre, affrontare piccole sfide e imprevisti in viaggio accresce l’autostima e il senso di autoefficacia. Che si parta da soli o in compagnia, i legami si rinsaldano o se ne creano di nuovi, rafforzando la fiducia reciproca e il senso di appartenenza. Infine, uscire dalla routine e vivere momenti di stupore, anche attraverso semplici stimoli sensoriali, aumenta gratitudine, empatia e benessere, stimolando persino il sistema immunitario.