Secondo i dati discussi nel convegno One Mental Health svoltosi a Roma ieri, alla vigilia della Giornata Mondiale della Salute Mentale, presso la Sala Alessandrina organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Angelini Pharma, le condizioni neurologiche colpiscono 3,4 miliardi di persone. A queste si aggiunge quasi 1 miliardo di individui con disturbi mentali.
Il quadro
In Europa, circa 179 milioni di persone – il 38% della popolazione – convivono con patologie neurologiche o mentali. Oltre all’impatto sanitario, queste condizioni generano conseguenze economiche e sociali rilevanti, che colpiscono anche famiglie e caregiver: dallo stigma all’isolamento, fino a difficoltà finanziarie. I costi per i sistemi sanitari superano gli 800 miliardi di euro l’anno, una cifra destinata a crescere con l’invecchiamento della popolazione. In Italia, i costi legati al deterioramento della salute cerebrale ammontano a 87 miliardi di euro l’anno, con oltre il 10% delle famiglie italiane colpite da malattie neuropsichiatriche.
Oltre il 15% degli adulti in età lavorativa, poi, soffre di disturbi mentali. Tra questi, depressione e ansia sono responsabili di una perdita economica globale stimata in 1 trilione di dollari all’anno, dovuta a cali di produttività, assenteismo e difficoltà di reinserimento lavorativo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che circa il 50% delle persone con un disturbo mentale non riceva alcuna cura, e nei Paesi a basso reddito questa percentuale superi il 75%. Un dato che fotografa un divario drammatico tra bisogno e accesso ai servizi, con pesanti ripercussioni sulla salute collettiva, sulla coesione sociale e sulla sostenibilità economica.
Per agire al meglio su questo quadro, Elisa Fazzi, Direttrice U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili, Brescia, ha spiegato come deve essere composto l’approccio al soggetto per essere efficace: tripartito. L’azione deve constare di tre componenti: biologico, psichico e sociale. Il primo è costituito dalla diagnosi e dai trattamenti, mentre il secondo dagli interventi psicoterapeutici. Infine, il contesto familiare, scolastico e relazionale è importante allo stesso modo per una risposta di cura completa e perciò incisiva. «Il modello d’azione non più quello del sintomo-cura ma più variegato e multisettoriale ora» ha dichiarato.
Non solo azione ma prevenzione
Ancor meglio di curare questi sintomi è meglio far sì che non nascano, per questo motivo molte delle dichiarazioni dei relatori hanno riguardato la prevenzione. Felicia Giagnotti, Presidente Fondazione Progetto ITACA, ha affermato: «La prevenzione è un concetto che abbraccia tutta la vita ed è un tema centrale nel mantenimento della salute del cittadino nella sua società. Perciò, questo intervento è anche di carattere sociale». Sul tema del lavoro ha dichiarato: che «l’inserimento nel lavoro per chi ha sofferto di salute mentale richiede delle specificità nel percorso d’accompagnamento del paziente e va aiutata anche la struttura di lavoro».
Cinzia Niolu, Professoressa Ordinariadi Psichiatria, Università di Roma Tor Vergata e Componente del Tavolo Tecnico Salute Mentale, Ministero della Salute, ha parlato di una nuova tecnica di prevenzione: «La prevenzione precocissima – che si attua tramite screening prenatali – è il paradigma perfetto della One Mental Health, perché lo sviluppo del feto avviene in modo sano in un ambiente sano. Tutelando la madre tuteliamo il bambino, ancor prima della manifestazione di sintomi: questa è la cura del futuro. Nel PANSM c’è il nostro contributo proprio attraverso lo screening prenatale».
Nel corso del convegno è stato posto l’accento anche sugli attori della prevenzione. Roberto Cafiso, Componente Tavolo Tecnico Salute Mentale, Ministero della Salute, ha riferito che «c’è la necessità che le competenze dei sanitari siano su un doppio versante: sia di cura che di lasciar sperimentare i giovani la vita sulla loro pelle. L’uso precoce di alcol e la gestione della rabbia sono temi centrali per la salute mentale nei giovani. Tuttavia, la scuola ancora non è in grado di agire su questo e le famiglie, primo agente di tutela della salute mentale, dovrebbero essere formate a riguardo. In questo modo il benessere individuale si trasforma in benessere sociale».