Il valore e le cifre del consumo di sale in Italia

Controllare il consumo di sale, e prediligere quello iodato, argina i rischi cardiovascolari e apporta la giusta quantità di energia all'organismo
Controllare il consumo di sale, e prediligere quello iodato, argina i rischi cardiovascolari e apporta la giusta quantità di energia all'organismo

In Italia e nel mondo, molti fattori di rischio correlati all’alimentazione hanno un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie croniche. Tra i principali determinanti nutrizionali, sono annoverati l’eccessivo consumo di sodio e l’insufficiente assunzione di iodio. Assumere quantità elevate di sale attraverso la dieta aumenta infatti i rischi cardiovascolari correlati all’ipertensione arteriosa, ma anche ad altre malattie cronico-degenerative, come i tumori dell’apparato digerente (in particolare quelli dello stomaco), l’osteoporosi e le malattie renali.

Il ruolo dello iodio

La presenza di iodio svolge un ruolo importante nel regolare la produzione di energia dell’organismo, ne favorisce la crescita e lo sviluppo stimolando il metabolismo basale e assume particolare importanza in particolari fasi, come ad esempio la gravidanza e l’allattamento. Un apporto fortemente insufficiente di iodio nella vita fetale e neonatale può provocare infatti l’arresto della maturazione dell’encefalo con deficit intellettivi, sordomutismo e paralisi spastica, fino al cretinismo, ma anche la carenza lieve o moderata compromette le funzioni cognitive e motorie.

Lo iodio è introdotto nell’organismo esclusivamente con gli alimenti e viene eliminato soprattutto con le urine; perciò, la ioduria fornisce un’accurata indicazione dell’introito di iodio. Una dieta seppure equilibrata garantisce solo il 50-60 % del fabbisogno giornaliero di iodio (90μg nei bambini fino a 6 anni, 120μg in età scolare, 150μg per gli adulti). Durante la gravidanza e l’allattamento il fabbisogno aumenta a 250μg per garantire una corretta funzione tiroidea materna e fetale. È necessario quindi che l’assunzione quotidiana venga integrata.

Le raccomandazioni dell’OMS

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ne raccomanda un consumo giornaliero moderato, non superiore ai 5g, corrispondenti a circa 2g di sodio. Di contro, l’assunzione di sale arricchito di iodio, nei limiti raccomandati dall’OMS, è fortemente incoraggiata. La carenza di questo nutriente ha un impatto sullo sviluppo e sul funzionamento della ghiandola tiroidea. Questa regola funzioni vitali, tra cui l’acutezza mentale e la parola, o le condizioni fisiche.

La misura più efficace ed economica, raccomandata dall’OMS e dall’UNICEF, per prevenire le malattie da carenza di iodio consiste nell’arricchimento con iodio del sale destinato al consumo umano, usato sia in cucina che dall’industria alimentare e del sale destinato all’alimentazione degli animali da allevamento. C’è generale consenso, infatti, nel raccomandare l’uso di sale iodato a tutta la popolazione, indistintamente per condizioni individuali e di contesto di vita in quanto, a fronte di un consumo moderato di sale, nei limiti indicati dall’OMS, le quantità di iodio raggiunte rientrano ampiamente nei livelli di assunzione appropriati, restando comunque molto al di sotto dei livelli massimi accettabili.

L’azione italiana

Nel nostro paese, con la Legge n. 55 del 21 marzo 2005, si è scelto di raccomandare “meno sale ma iodato”, obbligando i rivenditori a offrire preferenzialmente il sale iodato, promuovendone quindi il consumo in alternativa a quello comune, rendendolo disponibile in tutti i punti vendita di generi alimentari e prevedendo la somministrazione del sale da cucina solo su specifica richiesta del consumatore.

In Italia restano ancora fondamentali le azioni di sensibilizzazione e di informazione sull’importanza della riduzione del consumo alimentare di sale in favore di un utilizzo di sale iodato. Importantissimo è anche il monitoraggio di quanto queste azioni siano efficaci nel migliorare la consapevolezza individuale su questo aspetto. Come avviene per altre abitudini comportamentali correlate alla salute (tabagismo, bere alcol, sedentarietà o eccesso ponderale), anche per un’assunzione contenuta di sodio l’attenzione dei professionisti sanitari è in gran parte concentrata sul contenimento del danno.

I dati sul consumo di sale

La Sorveglianza PASSI, condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, racconta di un’Italia in cui la metà della popolazione presta molta attenzione al proprio consumo di sale. La percentuale scende a uno su tre fra gli italiani con malattie croniche. La percentuale di utilizzo consapevole risulta più alta fra coloro che hanno una diagnosi di ipertensione arteriosa o di insufficienza renale (75% e 74% rispettivamente). Per queste persone ridurre il consumo di sale è uno strumento di controllo della propria malattia. Il 78% degli intervistati utilizza il sale iodato, di cui il 47% sempre e il 15% spesso a consumarlo saltuariamente è il 17% del campione. L’utilizzo di sale iodato nel 2015 si fermava al 67%.

L’ipertensione, è poco frequente fra i giovani adulti, ma la sua diffusione cresce considerevolmente con l’età. La sorveglianza riferisce che ne soffre un soggetto su cinquanta fra gli under 35, passando al 33% fra i 50-69enni. L’eccesso ponderale è più frequente fra gli uomini (20%) rispetto alle donne (16%) e, come accade per gli altri fattori di rischio cardiovascolare legati agli stili di vita, è anche più comune fra le persone socialmente più svantaggiate, per disponibilità economiche o istruzione. L’attenzione al consumo di sale, inoltre, è maggiore in chi risiede al Nord con un divario di ben 10 punti percentuali rispetto al Sud: 62% al Settentrione e 52% al Meridione.

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di Arrigo Bellelli
25 Ottobre, 2025

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