In Italia, la povertà ha registrato un significativo aumento negli ultimi anni, coinvolgendo anche l’età pediatrica, con gravi conseguenze per la salute di bambini e adolescenti. Secondo i dati ISTAT, infatti, la povertà assoluta, che indica famiglie e individui incapaci di sostenere le spese minime per una vita accettabile, ha colpito, nel 2023, poco più di 2,2 milioni di famiglie, pari all’8,4% del totale delle famiglie residenti. Inoltre, sono stati registrati in povertà assoluta circa 5,7 milioni di individui (9,7% del totale dei residenti) e, di questi, quasi 1,3 milioni, il 13,8%, sono bambini e adolescenti sotto i 18 anni. L’incidenza della povertà dei minori, la più elevata dal 2014, varia tra le aree geografiche, mostrando delle differenze tra Nord (12,9%) e Sud (15,3%). Inoltre, particolarmente a rischio di povertà assoluta sono i bambini figli di genitori stranieri.
Povertà non solo economica
«La povertà è uno stato di indigenza caratterizzato da un livello di reddito troppo basso per garantire la soddisfazione di bisogni fondamentali, oltre a una carenza di beni e servizi di ordine sociale, politico e culturale – spiega Mario De Curtis, Presidente del Comitato per la Bioetica della SIP -. La povertà materiale, spesso misurata unicamente in termini economici basati sul reddito dei genitori, non riflette appieno tutte le privazioni che i bambini minori possono subire. È importante dunque notare che esistono diverse forme di povertà, oltre a quella economica, tra le quali quella alimentare, sanitaria, educativa e ereditaria, generalmente interconnesse tra loro».
La povertà alimentare riguarda quelle famiglie in cui i genitori non possono permettersi di acquistare per i loro figli alimenti salutari, non potendo garantire loro, dunque, uno stile di vita corretto. «Gli alimenti salutari sono generalmente più costosi di quelli meno salutari, ma questi ultimi sono inadeguati dal punto di vista nutrizionale, favorendo l’insorgenza di obesità e malnutrizione, oltre che il rischio di sviluppare malattie degenerative nell’età adulta – spiega De Curtis –. C’è poi la povertà educativa: bambini e adolescenti che vivono in famiglie con risorse finanziarie molto limitate hanno maggiori probabilità di abbandonare gli studi prematuramente, ottenendo punteggi più bassi nelle indagini che misurano le competenze e impedendo di sviluppare le loro capacità e talenti».

Povertà e stato di salute
Alcuni studi epidemiologici hanno evidenziato che le persone con un relativo svantaggio sociale soffrono anche di uno svantaggio in salute, in tutti i Paesi. «Più è alto lo stato sociale di un individuo, migliore è la sua salute – prosegue De Curtis -. Si avrà una maggiore longevità e si godrà di una migliore qualità della vita in età avanzata. Le prime fasi della vita sono periodi di rapida crescita e sviluppo, che contribuiscono al benessere per tutta l’esistenza.
I bambini che vivono in famiglie povere sono più suscettibili a malattie e patologie croniche. Inoltre, sono più inclini a disturbi di crescita, obesità, anemia, carenze nutrizionali, asma, otiti, carie dentali e disturbi psicologici, comportamentali e psichiatrici. Anche per malattie croniche, come la fibrosi cistica, che ha un’incidenza simile in tutti i gruppi sociali, la sopravvivenza è minore nelle famiglie con un livello socio economico più basso, e l’entità di questo effetto non si è sostanzialmente ridotta negli ultimi anni».
Le conseguenze della povertà
Le conseguenze della povertà infantile sono molteplici e diverse. Per questo, si è cercato di capire, da un punto di vista scientifico, come la povertà in età infantile possa influenzare lo stato di salute nell’età adulta.
«Le prime fasi della vita sono periodi di rapida crescita e sviluppo, che contribuiscono al benessere per tutta l’esistenza»– spiega De Curtis – «Recenti studi di genetica indicano che, in età pediatrica, le modificazioni epigenetiche indotte dalle disuguaglianze sociali nei bambini che crescono in famiglie economicamente svantaggiate e provenienti da gruppi emarginati mostrano profili di metilazione del DNA che, in studi precedenti condotti sugli adulti, erano indicativi di una maggiore infiammazione cronica e di un ritmo più rapido di invecchiamento biologico. Ciò espone di fatto il bambino a una aumentata e precoce vulnerabilità alle malattie dell’età adulta. A causa della metilazione di molti e differenti geni, la cui espressione risulta protettiva nel tempo, le lancette dell’orologio biologico sembrano correre più rapidamente nei bambini poveri».
Ridurre le disparità e promuovere corretti stili di vita
Secondo il Presidente del Comitato per la Bioetica della SIP, per contrastare il fenomeno «èfondamentale migliorare le condizioni sociali contrastando la povertà minorile per promuovere la salute e influenzare positivamente altri aspetti della vita. Inoltre, è necessario migliorare l’organizzazione dell’assistenza pediatrica fornita dal Servizio Sanitario Nazionale, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, riducendo le disparità geografiche nell’accesso alle cure e rilanciando la sanità pubblica».
Non da meno, ricorda infine De Curtis, «è importante promuovere l’educazione a corretti stili di vita sin dalle prime fasi della vita, insieme alla prevenzione sanitaria pediatrica, per preservare un ottimale stato di benessere e garantire una buona salute anche in età adulta».