Promuovere abitudini alimentari più sane come seguire la Dieta Mediterranea e uno stile di vita capace di prevenire le malattie e migliorare la qualità della vita è un obiettivo che non si può costruire solo nei laboratori. Si tratta di un percorso che va sviluppato passo dopo passo, intrecciando ricerca scientifica, comunicazione e partecipazione attiva della popolazione. La scienza, da sola, non basta e i risultati scientifici devono tradursi in comportamenti quotidiani, tenendo conto dei bisogni reali, delle abitudini, delle difficoltà pratiche e delle resistenze culturali, soprattutto se ci riferiamo a persone anziane.
È questa la filosofia di Nutrage, un grande progetto di ricerca promosso dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) che ha visto impegnati oltre 300 ricercatori in un lavoro interdisciplinare per studiare l’alimentazione e la nutrizione legate a un invecchiamento attivo e in salute, con particolare attenzione alla popolazione della terza età. L’obiettivo è trasformare il modo in cui produciamo, consumiamo e viviamo il cibo, mettendo al centro il benessere delle persone.
È vero che l’aspettativa di vita è in continua crescita, ma è parimenti fondamentale invecchiare senza contrarre malattie, soprattutto quelle legate al passare degli anni. L’alimentazione è uno dei principali fattori che determinano la possibilità di invecchiare in salute. Soprattutto, è il fattore che possiamo controllare più facilmente e su cui possiamo agire direttamente, ciascuno con le proprie necessità, desiderata e abitudini quotidiane. Per questo, è fondamentale fare leva sulle persone, renderle protagoniste del cambiamento e trasformare la conoscenza scientifica in azioni concrete per la salute.
Il dialogo come parte del percorso di ricerca
Un elemento centrale di Nutrage è stato proprio quello della comunicazione diretta. Gli scienziati hanno incontrato la popolazione, in particolare quella anziana, organizzando incontri, momenti di formazione e di ascolto. Innanzitutto si è voluto portare la ricerca tra le persone, non solo per spiegare cosa viene fatto nei laboratori, ma per ascoltare bisogni, difficoltà e abitudini quotidiane. Il confronto con la popolazione aiuta, soprattutto in questo ambito, a orientare meglio gli studi e a trasformarli in soluzioni concrete e utili.
Gli incontri si sono svolti in tutta Italia, scegliendo in particolare Bologna, Roma e Cerisano, un piccolo centro del Cosentino. Queste località non sono state selezionate a caso, ma proprio per rappresentare Nord, Centro e Sud del Paese e coprire così l’intero territorio nazionale. Sono stati coinvolti in particolare dei centri anziani con persone provenienti da contesti sociali differenti, per garantire un campione il più possibile eterogeneo e rappresentativo della popolazione. Questo approccio ha permesso di raccogliere punti di vista diversi, bisogni specifici e abitudini alimentari variegate, elementi fondamentali per comprendere la complessità del rapporto tra alimentazione, salute e stili di vita nella terza età. Da questi incontri sono emerse riflessioni preziose e soprattutto sono stati utili a conoscere il contesto sociale e culturale che permette l’applicazione quotidiana di ciò che viene studiato in laboratorio.
Il ritorno alla Dieta Mediterranea
Uno dei messaggi principali emersi dal progetto è quello di trasmettere alla popolazione che l’alimentazione del futuro sarà in realtà un ritorno alla Dieta Mediterranea del passato, ma con un valore aggiunto: quello offerto dalle nuove tecnologie. Dagli incontri con la popolazione anziana è emerso con chiarezza che questa generazione conosce bene i principi della sana alimentazione e li mette spesso in pratica. Si tratta infatti di persone cresciute ancora in contesti legati alla terra, alle tradizioni e alla cucina semplice, elementi che rappresentano il cuore stesso della Dieta Mediterranea. In molti casi, dunque, la cultura alimentare di base è già presente e radicata.
Ciò che invece rappresenta una sfida è superare la diffidenza verso l’innovazione. Spesso nuovi alimenti funzionali, tecniche di lavorazione o procedure biotecnologiche sono approcciate con sospetto, come qualcosa di distante o addirittura in contrasto con la tradizione. In realtà quello che l’iniziativa intende trasmettere è che la biotecnologia non sostituisce la tradizione ma la potenzia. Oggi la sfida è selezionare varietà più ricche di micronutrienti utili alla salute e sviluppare metodi di lavorazione che ne preservino o esaltino le proprietà. Il vero passo avanti sarà quindi unire ciò che sappiamo già (i principi della Dieta Mediterranea e l’importanza di un’alimentazione semplice e naturale) con le scoperte della scienza. I cibi del futuro non solo nutriranno, ma contribuibuiranno attivamente a prevenire malattie croniche, ridurre l’infiammazione e migliorare la qualità della vita.
La convivialità è parte della cura
Nel percorso di dialogo con la popolazione anziana, si è imposto con forza il tema della convivialità. Per molti anziani il problema non è solo cosa e quanto mangiare, ma con chi. Uno dei messaggi più importanti che è emerso durante gli incontri è proprio questo: la solitudine è un fattore profondamente distruttivo. Essa infatti è capace di compromettere la salute più di quanto possa fare un’alimentazione non perfettamente equilibrata.
Chi soffre di solitudine accelera il declino cognitivo, aumenta il rischio di depressione e incide negativamente sul proprio sistema immunitario. Per questo motivo, una dieta sana non può prescindere dal contesto sociale in cui avviene. Meglio quindi un pasto semplice, magari non impeccabile dal punto di vista nutrizionale, ma condiviso con altre persone, ricco di allegria e relazioni, piuttosto che un piatto perfetto consumato in solitudine. La convivialità è parte integrante della cura, della prevenzione e del benessere, tanto quanto la scelta degli alimenti giusti.
Parlare ai giovani per costruire la prevenzione di domani
Se oggi il dialogo con la popolazione anziana è fondamentale per promuovere un invecchiamento attivo e in salute, la prossima grande sfida della comunicazione sarà quella di raggiungere le nuove generazioni. I giovani, infatti, sono al tempo stesso i più ricettivi ai messaggi comunicativi e i più difficili da convincere. Spesso non pensano alla prevenzione perché si sentono lontani dal rischio di malattie e tendono a sottovalutare l’importanza delle scelte alimentari nel lungo periodo.
A questo si aggiunge un cambiamento profondo nello stile di vita. Le nuove generazioni tendono a cucinare meno, si affidano a cibi pronti o al fast food e vivono l’alimentazione come un gesto veloce e funzionale, piuttosto che come un momento di relazione e cura. Eppure, la prevenzione comincia proprio in giovane età. È in questa fase della vita che si devono porre le basi per buone abitudini che accompagneranno l’individuo negli anni successivi.
Per questo è indispensabile trovare nuovi linguaggi e nuove strategie comunicative per parlare ai giovani integrando la scienza nei loro mondi e nelle loro abitudini. Occorre riportarli, almeno in parte, alle tradizioni alimentari del passato, valorizzando la semplicità, la stagionalità e il piacere di cucinare e condividere i pasti. Solo così sarà possibile costruire una cultura alimentare più consapevole e trasformare il cibo in uno strumento di prevenzione e benessere fin dai primi anni della vita.
