Un convegno per portare il tema nel dibattito pubblico

Si è svolto il 10 giugno a Roma il convegno nazionale “Ma che colpa abbiamo noi. I confini della responsabilità professionale in sanità” organizzato da Anaao Assomed.
Un’occasione per riportare al centro della discussione una questione ancora irrisolta nel sistema sanitario italiano: quella della responsabilità medica, oggi priva di un quadro chiaro, definito e tutelante per tutte le parti coinvolte.
Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici dirigenti, ha proposto di guardare al modello francese di “no fault”, già adottato da altri Paesi europei.
Il modello francese: un sistema “senza colpa”
“Introduciamo anche in Italia il modello francese cosiddetto “no fault” che permette ai pazienti di ottenere un risarcimento per danni derivanti da trattamenti medici senza dover dimostrare la colpa del medico, e ai professionisti di lavorare con maggiore serenità”: è questa la proposta avanzata da Anaao Assomed nel corso del convegno, un modello che, secondo il sindacato, offre vantaggi significativi sia per i pazienti sia per i professionisti della sanità:
- riduzione del carico psicologico sui medici legati alla paura di essere processati per errori o imprevisti;
- incentivi alla collaborazione e alla comunicazione tra medici e pazienti, incoraggiando una maggiore trasparenza e fiducia reciproca;
- riduzione dei costi legali e dei processi liberando risorse per la cura;
- maggiore attenzione alla prevenzione degli errori medici, attraverso la formazione e l’adozione di protocolli più efficaci;
- tutela della reputazione professionale evitando che singoli errori possano compromettere la loro carriera.
“In base a questo modello – ha aggiunto Pierino Di Silverio – una commissione valuta se sussistano le condizioni per un indennizzo. Se il caso viene approvato (nel 98% dei casi), al paziente viene proposto un risarcimento economico, senza necessità di dimostrare la colpa del medico. Il paziente può accettare l’indennizzo, rinunciando ad avviare un’azione legale, contribuendo così a snellire i tempi di attesa e a ridurre il carico dei tribunali”.
Responsabilità medica: una riforma ancora ferma
Nel suo intervento, Di Silverio ha evidenziato come la riforma della responsabilità medica sia oggi bloccata. “Dopo il flop della Commissione D’Ippolito, orfana di medici, che ha prodotto un documento bocciato dalla categoria, non c’è più traccia di un intervento che possa contribuire a distendere il clima che si respira nelle corsie”.
L’obiettivo non è escludere responsabilità individuali, ma “creare un sistema più equo ed efficiente, che garantisca tutela ai pazienti e serenità ai medici, senza escludere la possibilità di gestire correttamente eventuali errori”.
“Noi siamo capri espiatori della difficoltà di accesso alle cure”
Nel suo intervento conclusivo, Di Silverio ha allargato lo sguardo al contesto in cui oggi lavorano i professionisti sanitari.
“La legge 81/08 assegna al datore di lavoro la responsabilità della sicurezza dell’operatore, ma nelle aziende sanitarie questa norma resta spesso disattesa. La sicurezza sul lavoro non è solo infrastrutturale: è anche dotazione di personale, organizzazione dei turni, rispetto dei limiti di carico”.
Il segretario ha denunciato l’assenza di un confine chiaro tra le responsabilità del singolo medico e quelle del sistema: “Non posso sapere di cosa sono responsabile finché non so dove finisce la mia responsabilità e inizia quella del collega. Manca un atto medico definito: oggi siamo responsabili di tutto e quindi aggredibili su tutto”.
L’urgenza di un accesso equo alle cure
Tra i temi più caldi, anche la pressione crescente dei pronto soccorso, diventati unico punto di accesso al sistema.
“Oggi l’unica porta di accesso all’ospedale è il pronto soccorso. Il cittadino, esasperato dai tempi di attesa, diventa aggressivo. E noi medici diventiamo capri espiatori della difficoltà di accesso alle cure”.
“Noi non chiediamo impunità, chiediamo qualcosa di sacrosanto: chiediamo che nel momento in cui il medico ha commesso un errore doloso venga accusato. Ma se un medico ha cercato, con consenso informato, di salvare una vita e non ci è riuscito, non dovrebbe essere accusato: dovrebbe essere ringraziato per averci provato”.
Ricostruire fiducia e legalità con una nuova responsabilità medica
“Non so se sarà possibile avvicinarsi a una sorta di modello francese, ma dobbiamo continuare a far percepire al cittadino che noi siamo dalla stessa parte”.
Ricostruire la fiducia passa anche da un nuovo patto di legalità. “Abbiamo la necessità di ricostruire la legalità e la sicurezza delle cure, che passa inevitabilmente attraverso una rivisitazione della colpa medica. Siamo l’unico Paese al mondo in cui non c’è ancora una rivisitazione della responsabilità medica”.
“Abbiamo il dovere di continuare a crederci – ha concluso –. La sfida non è solo normativa, ma culturale: servono nuove regole, ma anche il coraggio di ricostruire la fiducia tra professionisti, istituzioni e cittadini. Per un sistema sanitario che protegga chi cura, senza lasciare indietro chi viene curato”.