Il Rapporto FAVO è il documento annuale che analizza la condizione assistenziale delle persone con tumore in Italia. Raccoglie dati ufficiali, evidenze cliniche e criticità del sistema sanitario, valutando prevenzione, diagnosi, accesso alle cure, terapie innovative, assistenza territoriale e tutele sociali. Offre inoltre approfondimenti regionali, confronti nazionali e proposte operative. È uno strumento di advocacy che dà voce ai pazienti, alle associazioni e ai professionisti. L’obiettivo è migliorare equità, qualità e continuità delle cure oncologiche nel Paese.
I servizi oncologici in Italia
Il Rapporto fornisce una fotografia aggiornata al 2023 delle dotazioni sanitarie dedicate ai tumori, mostrando un quadro con forti differenze tra territori. Sono state analizzate strutture di degenza, servizi specialistici, tecnologie e attività cliniche, utilizzando i dati del NSIS che rileva prestazioni ospedaliere, cure palliative, assistenza domiciliare e azioni di accompagnamento. Il documento sottolinea l’importanza di una raccolta informativa standardizzata per comprendere le reali disparità regionali.
Viene illustrato il funzionamento dei sistemi informativi nazionali: SIAD per l’assistenza domiciliare, l’archivio Hospice per le cure palliative residenziali e i flussi relativi alle prestazioni ambulatoriali e ospedaliere. Questi strumenti permettono di valutare la quantità e la qualità dei percorsi clinici, come la presa in carico, le tipologie di sintomi trattati e l’uso di risorse specialistiche. La qualità dei dati influisce direttamente su programmazione e monitoraggio.
Accesso all’urgenza oncologica e posti letto
Le analisi mostrano come più del 50% dei pazienti oncologici che accedono al Pronto Soccorso necessiti di un successivo ricovero. Le degenze sono spesso più lunghe rispetto alla popolazione generale, e cresce la difficoltà nel reperire letti specialistici oncologici. La riduzione dei posti letto in Europa e in Italia ha accentuato questa criticità, con ricoveri collocati in reparti non dedicati. L’assenza di letti specifici limita la gestione appropriata.
Un tema centrale è l’organizzazione degli “accessi non programmati”. Molti centri oncologici non dispongono di servizi strutturati di “acute care”; spesso il triage clinico viene svolto da personale impegnato anche nelle attività programmate. Di conseguenza, ai pazienti viene talvolta consigliato di recarsi direttamente al Pronto Soccorso, con un rischio di inappropriatezza. Servirebbero team dedicati, integrazione con laboratori e radiologie, e percorsi per ricovero diretto per evitare sovraccarichi. La presenza di servizi dedicati rappresenta un fattore di equità.
Le terapie avanzate CAR-T
Il Rapporto evidenzia forti disparità territoriali nell’accesso alle terapie CAR-T. Anche se in Italia sono autorizzati 51 centri, solo una parte risulta realmente operativa e la maggioranza è concentrata nel Nord-Ovest. Le regioni del Centro-Sud mostrano una più bassa disponibilità di centri, con conseguente difficoltà di accesso all’innovazione e spostamenti frequenti dei pazienti. La scarsa distribuzione territoriale è un elemento critico.
Le differenze derivano da requisiti strutturali stringenti (laboratori, terapia intensiva, equipe multidisciplinari), dalla forza dei budget regionali, dai livelli di formazione e dall’assenza in molte regioni di una governance stabile. Sono stati identificati tre modelli organizzativi: Hub&Spoke, assegnazione per patologia e sistema misto. Le disparità di applicazione e di risorse mostrano che l’accesso alle CAR-T è condizionato da fattori non clinici.
Le disparità geografiche
Nel Nord si osservano generalmente dotazioni più ampie: più posti letto oncologici, maggiore disponibilità di acceleratori lineari, più servizi di oncologia per abitante e una rete di radioterapia più estesa. Regioni come Piemonte e Lombardia mostrano valori superiori alla media nazionale per numero di servizi oncologici e centri CAR-T. Ad esempio, la Lombardia presenta oltre otto servizi oncologici per milione di abitanti.
Il Centro presenta livelli intermedi, con buone dotazioni tecnologiche nelle regioni più grandi (come il Lazio) ma situazioni eterogenee nelle regioni minori. L’offerta di radioterapia è generalmente buona, ma la distribuzione delle CAR-T rimane più limitata rispetto al Nord. Alcuni territori hanno avviato modelli di governance strutturati, ma in altri si osservano ritardi nella definizione di procedure condivise per la presa in carico e per referral specialistico. Questo crea zone di discontinuità assistenziale.
Il Sud soffre maggiormente di insufficienze strutturali: posti letto oncologici meno numerosi, minore diffusione di PET e acceleratori lineari, servizi oncologici spesso concentrati nei capoluoghi. La Sardegna, ad esempio, ha meno PET rispetto al valore nazionale, mentre registra più ricoveri per chemioterapia per 1.000 abitanti rispetto alla media italiana. Anche le CAR-T risultano scarsamente disponibili, costringendo a spostamenti interregionali. La limitata disponibilità di risorse determina percorsi più frammentati.
